Un voto netto e uno schiaffo alla sinistra più radicale. Con 234 voti a favore e 188 contrari la Camera dei rappresentanti Usa ha approvato nella serata di ieri una mozione di censura nei confronti della deputata democratica Rashida Tlaib del Michigan, l'unica statunitense di origine palestinese nel Congresso federale Usa e che ha familiari in Cisgiordania. Il voto è arrivato dopo giorni di tensioni per le parole della deputata sul conflitto tra Israele e il gruppo islamista palestinese Hamas. Il voto ha visto schierato in modo compatto il partito repubblicano al quale si è unita una fetta di deputati dem.
Il dibattito in aula prima del voto è stato molto acceso. La mozione è stata proposta dal deputato repubblicano Rich McCormick della Georgia che ha accusato la Tlaib di retorica antisemita, e di aver "diffuso incredibili menzogne sul nostro più grande alleato, Israele, e l'attacco del 7 ottobre" sferrato da Hamas. La deputata, sostenuta dagli esponenti più a sinistra del partito democratico, si è difesa sostenendo di non aver mai rivolto le proprie critiche al popolo ebraico, ma soltanto al governo del primo ministro Benjamin Netanyahu. "Non rimarrò zittita e non permetterò di distorcere le mie parole", ha detto la deputata.
Le nubi sul caso Tlaib si sono addensate subito dopo l'attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre. In molti avevano storto il naso per il fatto che la deputata non si era affrettata a condannare il massacro dei terroristi. All'inizio una grossa fetta del suo partito le aveva garantito appoggio e sostegno in occasione di una prima mozione di censura presentata una settimana fa, ma nei corso dei giorni le posizioni sempre più radicali di Tlaib hanno incrinato il rapporto di fiducia. A pesare sono state anche per le forti critiche dalla comunità ebraica statunitense che non ha digerito i toni sempre più accesi della deputata, in particolare per aver usato lo slogan "dal fiume (Giordano) al mare", interpretato come un appello all'eliminazione di Israele.
Con mozione di censura si intende un provvedimento disciplinare contro eventuali deputati. Si tratta dell'azione disciplinare più grave dopo l'espulsione. Negli anni, ha notato il New York Times è stata usata pochissimo, anche se negli ultimi mesi il suo utilizzo è esploso: fino a giugno in tutta la storia della Camera era stata usata solo 24 volte. Rashida Tlaib, al suo terzo mandato da deputata, già in passato era finita al centro di volente polemiche per le sue opinioni controverse in merito alla questione israelo-palestinese, ma ora, notano in molti per i corridoi del Congresso, ha superato il limite.
Il caso Tlaib rischia di diventare un grosso problema per il partito democratico soprattutto in vista delle elezioni presidenziali del 2024. Qualche giorno fa la stessa deputata si era scagliata contro il presidente Joe Biden dicendo di ritenerlo complice del genocidio che Israele sta compiendo a Gaza, e che l’appoggio dell'amministrazione a Tel Aviv sarebbe costato caro allo stesso Biden. Da tempo una piccola ma rumorosa squadra di deputati radicali complica i piani dem e del presidente con il rischio di avere pesanti ricadute alle urne.
Sempre più esponenti della minoranza araba e musulmana si dice pronta boicottare il voto nel 2024, una mossa che in alcuni distretti chiave potrebbe danneggiare Biden. Un clima difficile reso ancora più infuocato dalla mozione votata contro la Tlaib.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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