Parità, riconteggi e accuse di brogli. I partiti preparano la battaglia legale: il nuovo presidente rischia di attendere

Nel 2000 passò un mese prima che Bush venite dato per vincente su Gore. La partita del voto postale: pronti i ricorsi dei trumpiani

Parità, riconteggi e accuse di brogli. I partiti preparano la battaglia legale: il nuovo presidente rischia di attendere
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Il sistema elettorale statunitense, unito alla presenza di numerosi fusi orari e alle modalità dello spoglio, determinano allo stato attuale la difficoltà a dichiarare ufficialmente un vincitore delle presidenziali. Nel territorio degli Stati Uniti ci sono sei diversi fusi orari e tutti i seggi sono ufficialmente chiusi alle 6 di mattina ora italiana anche se la scadenza potrebbe slittare poiché la legge americana prevede che, chi è in fila per votare, ha diritto di farlo anche oltre la chiusura del seggio.

Prima di arrivare alla definizione di un vincitore nelle precedenti elezioni si sono verificati scenari tra loro molto diversi; nel 2012, dopo meno di un'ora dalla chiusura delle urne, fu annunciata la riconferma di Barack Obama alla Casa Bianca mentre nel 2000, per dichiarare la vittoria di Geogre Bush su Al Gore, bisognò attendere fino a dicembre. La chiusura dei seggi è avvenuta dall'1 (ora italiana) in Georgia, Indiana, Kentucky, South Carolina, Vermont, Virginia fino alle 6 in Alaska e Hawaii.

Così, per avere i risultati definitivi, in molti stati potrebbero volerci anche settimane, nel 2020 in Nevada e Arizona, a causa di alcuni ritardi nel voto postale, ci vollero vari giorni e lo stesso potrebbe accadere in Pennsylvania, swing State decisivo anche a causa del meccanismo del riconteggio automatico.

Le leggi elettorali di alcuni stati prevedono infatti il riconteggio automatico delle schede in alcuni scenari. Tra gli swing States, in Arizona il riconteggio è automatico se la differenza è pari o inferiore allo 0,5% dei voti totali, in Michigan - un annuncio è atteso nel pomeriggio di oggi - avviene per differenze pari o inferiori ai 2.000 voti con la richiesta dei candidati entro 48 ore dalla certificazione, mentre in Pennsylvania - dove sembra potrebbero volerci altre 48-72 ore per un risultato ufficiale - il riconteggio è automatico se la differenza è inferiore allo 0,5%.

È importante sottolineare che negli Stati Uniti, a differenza dell'Italia, è consentito il voto anticipato e circa 80 milioni di elettori hanno fatto la propria scelta in anticipo con un'elevata partecipazione al voto per corrispondenza. Se alcuni stati ritengono valide solo le schede arrivate entro il 5 novembre, altri concedono qualche giorno in più facendo fede il timbro postale ma determinando così ulteriori ritardi. Inoltre, solo 43 stati concedono il cosiddetto «pre-processing», la possibilità di preparare le schede per il conteggio già prima delle elezioni eliminando le schede non valide e accelerando così il processo di scrutinio.

Proprio sul rischio di brogli legati al voto postale si sofferma il mondo trumpiano che è pronto a una valanga di ricorsi a livello locale, statale e federale che potrebbero rallentare ulteriormente la dichiarazione del vincitore. Non è escluso che anche i democratici possano però promuovere ricorsi specie negli Stati più in bilico in caso di una vittoria dei repubblicani con un margine risicato.

A queste variabili va aggiunto il fatto che il sistema di conteggio dei voti negli Stati Uniti non è centralizzato e le elezioni sono gestite a livello statale e di contea. Dopo il primo conteggio le schede sono passate a una commissione elettorale statale che a sua volta le manda al Congresso che a dicembre riconta e certifica i voti dopodiché a gennaio le due Camere in seduta congiunta certificano l'esito. Formalmente si tratta di una procedura che richiede mesi, per questo motivo da ormai vari decenni sono i media ad annunciare il vincitore delle presidenziali a cominciare dall'Associated Press.

Se ancora perciò non si

sa quando verrà ufficializzata la vittoria del nuovo presidente è invece già definita la data di insediamento: il 20 gennaio 2025 al Campidoglio a Washington, sempre che tutti i candidati riconoscano l'esito del voto.

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