Giulio Lolli, l’ultimo avventuriero, è l’unico testimone italiano della Corte penale internazionale, che ha spiccato una mandato di cattura per il generale libico Osama al Najeen, conosciuto come Almasri, accusandolo di omicidi e torture. L’alto ufficiale arrestato a Torino il 19 gennaio è stato rilasciato e rimandato a Tripoli per ragion di Stato, grazie ad un pasticcio nelle procedure giudiziarie. Dal 2017 al 2019 Lolli era rinchiuso nel carcere di Mitiga, a Tripoli, dopo le rocambolesche avventure che l’hanno portato a fuggire dall’Italia per bancarotta della Rimini Yacht trasformandosi in ribelle contro Gheddafi e destreggiandosi fra le fazioni in lotta della Libia post colonnello. L’avventura è finita male fra accuse infondate di terrorismo e concorso esterno in traffico di armi per aver prestato la sua barca ai ribelli anti Haftar, il generale padre padrone della Cirenaica, che combattevano a Bengasi.
Oggi è ancora in carcere a Bologna, nonostante avrebbe diritto almeno alla semilibertà, da dove ha inviato un comunicato attraverso il suo avvocato Claudia Serafini sul caso Almasri.
Il 6 e 7 giugno del 2023 la sua deposizione era stata raccolta dagli investigatori della procura presso la Corte penale internazionale de L’Aja. Lolli denuncia che “nel carcere di Mitiga sono stato testimone oculare di due omicidi effettuati dai comandanti di Al Rada”. Un’ex milizia, istituzionalizzata come Forza speciale di deterrenza del ministero dell’Interno libico, composta da salafiti, che ha sempre avuto buoni rapporti con l’ambasciata ed i servizi segreti italiani fin dai tempi dei governi di centro sinistra di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni con Marco Minniti ministro dell’Interno. Allora Rada incarcerava i terroristi dello Stato islamico che a Sabrata avevano rapito dei tecnici italiani.
Lolli ricorda “il primo omicidio effettuato da Almasri Osama Najeen per rappresaglia su un prigioniero appena catturato dopo un tentativo di assalto alla prigione avvenuto nel gennaio 2018”. Il secondo omicidio sarebbe avvenuto "durante gli interrogatori”. Non solo: Lolli ha “assistito a quattro episodi di colpi di arma da fuoco alle ginocchia dei prigionieri, due effettuati da Almasri di fronte a tutti noi, per dare l’esempio”.
L’avventuriero racconta di avere sentito le urla dei detenuti torturati e delle donne picchiate, probabilmente le mogli dei miliziani jihadisti del Califfato. Anche Lolli ha subito maltrattamenti: “Sono stato ripetutamente picchiato con un bastone di gomma, affamato per 13 mesi e costretto a bere acqua torbida”.
L’italiano veniva rinchiuso “ripetutamente in una bara di ferro per ore quando non rispondevo adeguatamente a Osama Najeen e Abdulraouf Sarah, il fondatore di Al Rada”. Lolli è stato duramente interrogato anche da un altro ufficiale della milizia diventata polizia, “che parlava un inglese e un italiano perfetto e dimostrava di conoscere molto bene il mio Paese”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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