Giusto il tempo di aprire il suo semestre di presidente europeo che, come era ampiamente prevedibile, il premier ungherese Victor Orbán sta mettendo a dura prova i nervi dei suoi colleghi di ogni ordine e grado. La sua cordiale visita «all'amico» Putin non è certo passata sotto traccia tanto che in Europa è tutto un rincorrersi di prese di distanza: «Non parla a nostro nome», «È stato un bilaterale Russia-Ungheria, l'Unione non c'entra né ha autorizzato». Come noto Orbán è il discolo del club europeo e sfrutta ogni occasione per rimarcare la sua differenza, a volte distanza, dalle rigide regole dell'Unione e dalla politica estera condivisa. Ci sta, l'Ungheria non solo è stato sovrano ma la sua secolare, complicata e tormentata storia fatta di cadute e riscatti la mette su un binario diverso dalla maggioranza degli altri Paesi. Un binario non privo di apparenti contraddizioni, per esempio l'amore di Orbán per la Russia stride con il fatto che il suo Paese fu occupato nel 1946 dall'Unione Sovietica che vi installò un governo fantoccio, che l'Armata rossa soffocò nel sangue un tentativo di rivolta nel 1956 e che la libertà fu riconquistata solo nel 1989 dopo la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell'impero sovietico. Ma fin qui sono affari che riguardano l'orgoglioso popolo magiaro. Quello che ci stupisce è come sia possibile che l'Unione Europea abbia messo su un meccanismo in base al quale a turno ogni Paese ne prende la guida quantomeno formale e possa parlare sullo scacchiere internazionale a nome di tutti. Perché detto che riconosco al popolo ungherese, e quindi ad Orbán, pari dignità con chiunque altro, non sfugge che l'Ungheria oltre che una sua storia particolare ha meno abitanti della Lombardia, un pil quasi quattro volte inferiore a quello lombardo e addirittura più piccolo di quello prodotto dalla sola città di Milano. Se mi si passa la stupida provocazione, in Europa - in quanto a titoli - il governatore Fontana dovrebbe contare più del presidente Orbán. Non è così ovviamente.
Ma neppure può essere l'inverso. Orbán ha il diritto di fare Orbán, l'Europa ha il dovere di fare l'Europa. Le due cose possono convivere se si esce dalla logica dell'uno vale uno e si ripristinano pesi e misure, che poi è il cuore della democrazia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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