Ucraina, Siria, rapporti con Stati Uniti e Cina. Questi sono solo alcuni dei temi affrontati da un combattivo Vladimir Putin durante la consueta conferenza stampa di fine anno. "La politica è l'arte del compromesso", ha affermato il capo del Cremlino che ha precisato di aver sempre detto che la Russia è pronta "ai negoziati e ai compromessi. È solo che l'altra parte si è rifiutata" di farlo. Smentendo la sua posizione lo zar ha poi precisato che la Russia parlerà con Volodymyr Zelensky se si presenterà alle elezioni e otterrà la legittimità politica: "se il leader ucraino è illegittimo lo è tutta la struttura di potere".
Lo zar si è detto pronto ad incontrare il presidente eletto Donald Trump "in qualsiasi momento" sottolineando di non parlare con il tycoon da quattro anni. È proprio sui rapporti con gli Stati Uniti e la prossima amministrazione repubblicana che si giocherà una partita decisiva sulle sorti della guerra in Ucraina e non solo. Pesa la posizione del Cremlino sull'Alleanza Atlantica - "praticamente tutti i Paesi della Nato sono in guerra con noi", sostiene Putin secondo il quale "la prontezza al combattimento dell'esercito russo è ai massimi livelli mondiali" e "la Russia è diventata più forte ed è diventata uno Stato davvero sovrano". Sul piano militare l'ex agente del Kgb sfida l'Occidente dicendo che "non c'è alcuna possibilità di abbattere o distruggere facilmente (il missile ipersonico) Oreshnik".
Quanto alla situazione al fronte, Putin ha detto che “ci stiamo avvicinando” agli obiettivi delineati per l’operazione militare speciale - “i combattenti russi stanno riconquistando chilometri quadrati di territorio ogni giorno” - ed ha espresso ottimismo sulla possibilità di riprendere il controllo della regione di Kursk, conquistata dagli ucraini la scorsa estate, senza però indicare un orizzonte temporale definito. Il capo del Cremlino ha inoltre promesso che abitazioni e infrastrutture distrutte nella regione verranno ricostruite.
Putin ha ribadito di essere pronto a negoziati con l’Ucraina “senza precondizioni” ma essi “dovrebbero basarsi sul processo negoziale di Istanbul 2022” e “tenendo conto della realtà sul campo”. Il presidente russo ha alternato aperture e minacce dichiarando che per la Federazione gli obiettivi prioritari in Ucraina sono le strutture militari ma non sono esclusi i "centri decisionali". Un’espressione usata nelle scorse settimane da Mosca per alludere a potenziali attacchi contro figure politiche di Kiev.
Sull’assassinio del generale Igor Kirillov rivendicato dagli uomini di Zelensky, Putin ha commentato che si tratta di una dimostrazione “della natura terroristica del regime di Kiev" e ha ammesso che si è trattato di un "grave fallimento" delle forze dell'ordine e dei servizi di intelligence russi.
La caduta del presidente siriano Bashar al-Assad e grande alleato di Mosca non è una “sconfitta” per la Russia, ha dichiarato Putin secondo il quale l'esercito della Federazione ha raggiunto gli obiettivi della missione lanciata in Siria nel 2015. Nonostante le indiscrezioni giornalistiche di segno contrario, lo zar prevede di mantenere le basi militari russe nel Paese mediorientale e sostiene che la stragrande maggioranza dei Paesi della regione è favorevole alla loro permanenza.
Passando al rapporto con la Cina, Putin ha affermato che le relazioni tra Mosca e Pechino hanno raggiunto un "livello mai visto prima" e ha aggiunto che i due Paesi stanno coordinando le loro azioni sulla scena internazionale e continueranno a farlo.
Ampio spazio è stato poi dedicato dallo zar anche allo stato dell’economia - è "stabile" nonostante "le minacce esterne e i tentativi di influenza" – e l’unico segnale preoccupante arriva dall’inflazione. L'aumento dei prezzi è "spiacevole e negativo", ha detto il leader russo sottolineando però che "se gli indicatori macroeconomici saranno mantenuti", la Russia "ce la farà".
Nella conferenza stampa fiume ha trovato spazio anche l'Italia.
Putin ha infatti nominato l'ex primo ministro Silvio Berlusconi, l'ex cancelliere tedesco Helmut Kohl e l'ex presidente francese Jacques Chirac come i politici con cui si siederebbe "a bere un tè" dichiarando che "hanno contribuito allo sviluppo dei rapporti con la Federazione" e che li considera dei leader da cui ha imparato molto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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