
Tra Parigi e Washington tira una brutta aria. La bromance tra Emmanuel Macron e Donald Trump sembra essere andata in frantumi e gli stracci da una parte all’altra dell’Atlantico cominciano a volare senza sosta. E in un polverone che non si vedeva dai tempi dell’opposizione di Jacques Chirac alla guerra in Iraq oltre 20 anni fa è finita in queste ore persino la Statua della Libertà.
Ma andiamo con ordine nel ricostruire come dai sorrisi e dalle strette di mano che hanno caratterizzato l’incontro alla Casa Bianca tra il presidente francese e il suo omologo americano del 24 febbraio scorso (il primo con il capo dell’Eliseo dopo il reinsediamento del leader Usa) si è arrivati all'attuale gelo tra i due Paesi. Ad accendere la miccia delle tensioni tra i due alleati storici è stata la rielezione del miliardario che sul porre fine alla guerra in Ucraina e sulla necessità di imporre i dazi contro l’Unione Europea ha costruito una parte importante della sua campagna elettorale.
Il collasso del vertice Trump-Zelensky a fine febbraio ha allargato la distanza tra gli Stati Uniti e i principali partner della Nato ma è stato vissuto in particolare da Parigi come un fallimento della diplomazia francese. Infatti, pochi giorni prima del burrascoso incontro tra il tycoon e il presidente ucraino, Macron era volato a Washington con l'obiettivo di ammansire The Donald e dissuaderlo dall’intraprendere una politica di appeasement nei confronti di Vladimir Putin. Un’impresa, rivelatasi disastrosa, a cui ha dato il suo contributo anche il britannico Starmer.
Il Vecchio Continente è dunque adesso alle prese con una crisi che i commentatori definiscono esistenziale e studia proposte per garantire la propria sicurezza e quella di Kiev che tengano conto del conclamato disinteresse di Washington per gli affari europei. Il tutto mentre cresce l’attesa per la telefonata prevista tra Trump e lo zar del Cremlino che potrebbe imprimere una svolta al conflitto in Ucraina.
È in questo clima di smarrimento nelle relazioni transatlantiche, nel quale si è registrato un grande protagonismo da parte di Macron, che l’eurodeputato francese Raphaël Glucksmann è intervenuto per avanzare agli americani una sorprendente richiesta. "Restituiteci la Statua della Libertà”, ha affermato il parlamentare socialista nel corso di una convention politica sottolineando che la Francia dovrebbe riprendersi il celebre monumento poiché gli Stati Uniti non rappresentano più i valori che hanno spinto Parigi a donarla nell’Ottocento ai "fratelli" al di là dell'Atlantico.
"Agli americani che hanno scelto di schierarsi con i tiranni, che hanno licenziato i ricercatori per aver chiesto libertà scientifica, diremo: restituiteci la Statua", ha detto Glucksmann facendo riferimento anche ai tagli draconiani approvati dall’amministrazione repubblicana. "'Ve l'abbiamo regalata, ma a quanto pare la disprezzate. Quindi andrà benissimo qui a casa", ha proseguito l’eurodeputato aggiungendo che "la seconda cosa che diremo agli americani è: 'se volete licenziare i vostri migliori ricercatori, se volete licenziare tutte le persone che, attraverso la loro libertà e il loro senso di innovazione, il loro gusto per il dubbio e la ricerca, hanno reso il vostro Paese la principale potenza mondiale, allora daremo loro il benvenuto".
Pronta la reazione di Washington affidata alla portavoce della Casa Bianca. "I francesi dovrebbero essere molto riconoscenti nei confronti del nostro grande Paese”, ha dichiarato Karoline Leavitt secondo la quale “è grazie agli Stati Uniti che i francesi oggi non parlano tedesco". Leavitt ha poi affermato che "gli americani sono stati il faro della libertà mondiale" e ha definito Glucksmann “un piccolo uomo politico francese, sconosciuto". Ai biografi della West Wing è però forse sfuggito che il socialista non è esattamente un mister nessuno. Figlio del filosofo André Glucksmann, difensore dei diritti umani e sostenitore dell'impegno europeo in Ucraina, il fondatore del movimento "Place Publique" è arrivato infatti in Francia al terzo posto alle europee del 2024.
Macron sin qui si è sottratto alla querelle che ha coinvolto la statua simbolo della libertà ma nelle ultime ore ha voluto far sentire la sua voce battendo su affari ed economia, temi su cui Trump dimostra una grande sensibilità. Sul piano di riarmo europeo, il presidente francese ha detto di aver "chiesto agli industriali che si possa, su dei sistemi per i quali abbiamo i prodotti migliori, andare a bussare alle porte degli Stati europei che hanno preso l'abitudine di comprare americano". Macron ha quindi precisato che "a quelli che comprano i Patriot, bisogna proporre il SAMP/T di nuova generazione, franco-italiano. A quelli che comprano gli F-35, bisogna andare a proporre i Rafale". Per le président si tratterebbe di una "desensibilizzazione dei nostri partner” nei riguardi di Washington a vantaggio di Parigi ma questo comporterebbe "un grossissimo lavoro di semplificazione e di riduzione dei costi".
L'intervento del leader francese non è casuale ed è pensato per attirare l'attenzione degli Stati Uniti forse più della provocazione sull'opera progettata da Auguste Bartholdi e potrebbe rappresentare l'inequivocabile segnale che, da ora in poi, l'Eliseo non intende più trattare il tycoon con i guanti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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