"È la scelta peggiore". Trump e i dubbi su J.D. Vance

Aumentano le critiche tra i repubblicani sulla scelta del numero due del miliardario che potrebbe non aiutare nella sfida contro Kamala Harris

"È la scelta peggiore". Trump e i dubbi su J.D. Vance
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Per la prima volta dall’annuncio a fine 2022 della terza corsa alla Casa Bianca, Donald Trump appare in una posizione di debolezza. A mettere in difficoltà il tycoon sono state la decisione del presidente Joe Biden di rinunciare alla candidatura per un secondo mandato e il successivo endorsement della sua vice Kamala Harris a candidato in pectore del partito democratico. In particolare gli ultimi eventi hanno fatto emergere importanti dubbi soprattutto su quella che è considerata la più importante mossa politica di The Donald in vista dell’election day del 5 novembre: la nomina di J.D. Vance a numero due del ticket repubblicano.

Annunciata da Trump all’inizio della convention del partito dell’elefante a Milwaukee e alla vigilia del passo indietro del vecchio Joe, l’investitura del trentanovenne senatore dell’Ohio doveva rappresentare il battesimo del futuro rappresentante del trumpismo. L’entusiasmo suscitato dalla campagna dell’ex procuratrice della California e il controverso profilo del provocatore Vance stanno però provocando malumori all’interno del partito dell’elefante al punto da far evocare una prossima sostituzione dell’autore di Elegia americana da parte del miliardario.

Nonostante Trump si affanni a difendere il vice sostenendo che stia facendo un “ottimo lavoro”, i sondaggi attestano che J.D. Vance sia il candidato alla vicepresidenza meno gradito dal 1980. Una consultazione svolta durante la convention del Gop ha certificato addirittura che l’80% dei lobbisti e membri senior dello staff dei parlamentari disapprovi la selezione del numero due mentre diversi deputati avrebbero lanciato l'allarme per una possibile sonora sconfitta alle urne.

Era l’opzione peggiore di tutte. È contrario all’Ucraina ed è più di un populista”, afferma un deputato a The Hill aggiungendo che Vance, galvanizzando gli stessi elettori che sono già attirati dal tycoon, non aggiunge nulla al ticket di Trump”. “Dal punto di vista delle rilevazioni statistiche” la selezione del senatore “non ha alcun senso”, afferma l’analista Harry Enten alla Cnn. Gli esperti infatti sottolineano che solitamente la scelta del vice permette di espandere la base di un candidato ma il curriculum dell’oltranzista Maga e la sua provenienza da uno Stato già tendente al campo repubblicano potrebbe non spostare più di tanto le preferenze degli elettori.

Non a caso c’è chi al posto di Vance avrebbe preferito la nomina di elementi più centristi come l’ex governatrice della South Carolina Nikki Haley, il senatore della Florida Marco Rubio o il governatore della Virginia Glenn Youngkin. Non aiutano inoltre le posizioni dell’ex marine che è diventato un esponente scettico della politica interventista Usa dopo aver prestato servizio in Iraq ed è favorevole ad un bando dell’aborto a livello nazionale. Una linea che supera a destra quella di Trump secondo il quale la questione dovrebbe essere decisa dai singoli Stati.

Ma quanto è davvero probabile che The Donald scarichi il suo vice? In effetti un’eventuale sostituzione del numero due, oltre a causare non pochi grattacapi dal punto di vista organizzativo – in alcuni Stati si comincia a votare a settembre -, potrebbe danneggiare ulteriormente le chance presidenziali di Trump facendolo apparire debole e indeciso. Si tratterebbe poi di una circostanza piuttosto rara.

L’ultimo precedente risale al 1972 quando il democratico George McGovern dovette rinunciare al suo candidato vice, il senatore del Missouri Thomas Eagleton, dopo che la stampa ne rivelò le cure psichiatriche. A vincere quell’anno fu l’avversario, il presidente uscente Richard Nixon poi affondato nelle sabbie mobili del Watergate. Ma quella è un'altra storia.

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