"Una delle infiltrazioni di più ampia portata e durature da parte di un agente straniero all’interno del governo degli Stati Uniti d’America”. Il comunicato del dipartimento di Giustizia guidato dal procuratore generale Merrick Garland non lascia spazio ai dubbi sulla gravità dell’incriminazione a carico di Victor Manuel Rocha. L’ex ambasciatore americano, 73 anni, responsabile della sede in Bolivia dal 2000 al 2002 e membro del consiglio di Sicurezza nazionale dal 1994 al 1995, avrebbe agito nell’ombra per oltre 40 anni su ordine di Cuba. Decenni in cui avrebbe sfruttato la sua posizione per ottenere informazioni riservate ed influenzare la politica estera di Washington.
L’arresto di Rocha avvenuto venerdì scorso è scattato al termine delle indagini condotte dall'Fbi negli ultimi due anni attraverso l’impiego di un agente del Bureau spacciatosi per un membro dell’intelligence cubana. Non è chiaro come sia stato possibile per l’ex ambasciatore abbassare la guardia senza condurre verifiche sull’identità del finto 007 incontrato in tre occasioni. Già nel corso del primo contatto, Rocha ha dichiarato di aver ricevuto l’ordine da Cuba di condurre una “vita normale”, ha definito gli Stati Uniti “il nemico”, ha elogiato il “comandante” Fidel Castro e si è riferito ai suoi sodali sull’isola chiamandoli “compañeros”.
Per rendere più credibile la sua copertura l’ex diplomatico negli anni ha sostenuto pubblicamente idee politiche conservatrici e ha appoggiato Donald Trump. “Ho creato l'immagine di una persona di destra” ha ammesso in una delle conversazioni registrate dall’agente dell’Fbi in incognito. Una strategia impegata al tempo del suo mandato da ambasciatore in Bolivia quando si schierò contro il candidato di sinistra Evo Morales, poi eletto presidente del Paese sudamericano qualche anno più tardi.
Come in molte storie di spie, il curriculum di Rocha, colombiano di nascita, è impressionante. Laureatosi presso le università di Yale, Harvard e Georgetown, è entrato nel dipartimento di Stato nel 1981 – lo stesso anno in cui avrebbe cominciato la sua attività segreta al servizio di Cuba - occupandosi dell’Honduras al tempo del sostegno fornito dagli Stati Uniti ai Contras, i ribelli in lotta contro il regime marxista sandinista del Nicaragua. Oltre che in Bolivia ed Honduras, l'ex diplomatico è stato inviato in Argentina, Messico e Repubblica Dominicana e tra il 1995 e il 1997 ha ricoperto l’incarico di numero due dell’ufficio di rappresentanza Usa all’Avana, di fatto l’ambasciata americana in assenza di relazioni ufficiali tra i due Paesi. Una carriera impeccabile nella pubblica amministrazione proseguita negli anni successivi al pensionamento attraverso commissioni ottenute nel settore privato da imprese con interessi in America Latina.
Tra i componenti del corpo diplomatico si parla già della peggiore operazione d’infiltrazione da parte di Cuba negli Stati Uniti. Sarebbe stato infatti polverizzato il precedente di Ana Belèn Montes, analista della Defense Intelligence Agency dichiarata colpevole di spionaggio nel 2002 e liberata ad inizio anno.
“Questo caso è 10 volte peggiore ed è un grande colpo per i cubani” sostiene John Feeley, ex ambasciatore Usa a Panama che conosce Rocha da 30 anni e da cui si era allontanato per le sue posizioni pro-Trump. “Meritava un premio Oscar ma avrà invece un posto in prigione” commenta adesso Feeley con grande amarezza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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