Quanto costa la vita di un soldato in Russia ai tempi della guerra in Ucraina? Ha provato a rispondere a questa terribile domanda l’economista russo Vladislav Inozemtsev, il quale ha calcolato che la famiglia di un militare di 35 anni ucciso sul campo di battaglia dopo un anno al fronte riceverebbe l’equivalente di 150mila dollari tra salario e risarcimenti. Una somma che in alcune regioni della Federazione è superiore a quella che la stessa persona riceverebbe lavorando come civile fino all’età di 60 anni.
“Andare in guerra ed essere uccisi un anno dopo è economicamente più conveniente di poter avere un futuro”, riassume con spietata chiarezza Inozemtsev che a questa teoria ha attribuito persino un nome: deathonomics, "economia della morte". È forse tutta qui la spiegazione della relativa tranquillità con la quale la Russia accoglie ogni giorno la notizia di centinaia, se non migliaia, di caduti per il conflitto voluto dal presidente Vladimir Putin.
La guerra di aggressione all’Ucraina ha stravolto l’economia e la società russe. Le compensazioni elargite alle famiglie dei militari caduti in servizio hanno raggiunto in un anno e fino allo scorso giugno la cifra di 30 miliardi di dollari. Per non parlare di tutte le attività necessarie a supportare gli sforzi bellici e a mitigare le conseguenze delle sanzioni imposte dall’Occidente. Secondo le statistiche ufficiali da quando nel 1995 si è cominciato a registrare il tasso di povertà non si era mai raggiunto un livello così basso come quello attuale. Effetto, spiegano gli esperti, proprio dei risarcimenti erogati per i caduti di guerra che hanno immesso forti iniezioni di liquidità in alcune delle regioni più povere del Paese.
“Si tratta di denaro che la maggior parte delle persone in queste aree arretrate non avrebbe mai visto in tutta la loro vita”, afferma Vasily Astrov, economista del Vienna Institute for International Economic Studies. “Per il Cremlino”, precisa Astrov, “offrire un buono stipendio ai soldati è l’unico modo per mantenere lo sforzo bellico con un alto livello di supporto interno”. Lo stesso Putin ha implicitamente riconosciuto l'esistenza dell"economia della morte" in un incontro svoltosi nel novembre del 2022 con le madri dei caduti in guerra. In quell’occasione infatti lo zar, dopo aver definito la perdita di una persona cara una “grande tragedia”, ha così dichiarato ad uno dei genitori presenti: “Alcuni vivono a malapena e quando muoiono per vodka o altro, non è chiaro per cosa siano morti. Suo figlio ha vissuto, lo capisce? Ha raggiunto il suo obiettivo”.
In base alle stime fornite da fonti occidentali, sarebbero 600mila, tra feriti e deceduti, le vittime russe nel conflitto ucraino, 1500 al giorno solo nel mese di ottobre. Una carneficina sulla quale il Cremlino avrebbe messo il silenziatore ricorrendo dunque al denaro, peraltro adoperato anche per incentivare il reclutamento. Il salario minimo mensile di un soldato è pari a oltre 2100 dollari, cifra di gran lunga superiore alla media nazionale. Un altro elemento su cui ha inciso la guerra in Ucraina è la percezione che i russi hanno di chi sceglie di arruolarsi. Dopo il collasso dell’Unione Sovietica, evidenzia il Wall Street Journal, entrare nell’esercito era considerata una scelta appannaggio di individui senza talento. Oggi però non sono cambiate per il meglio solo le condizioni economiche dei soldati ma anche il loro status in una società che li reputa a tutti gli effetti degli eroi.
Se da un lato un istituto di ricerca indipendente come Levada riporta un incremento rispetto al periodo pre-guerra dei russi che ritengono che il Paese stia andando nella giusta direzione, dall'altro l’"economia della morte" sta comunque determinando un aumento del deficit
pubblico e dell’inflazione, oltre ad una carenza di personale in diversi settori economici. Contraccolpi che però nelle regioni russe più povere e forse un tempo dimenticate da Mosca sembrano non importare davvero così tanto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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