Turchia, India e Arabia Saudita camminano in bilico sul sottile filo delle relazioni internazionali. I tre Paesi sono alleati degli Stati Uniti, ma intrattengono costanti rapporti con la Russia, dal punto di vista economico e politico. Il mondo sembra intenzionato a tornare alla vecchia divisione in blocchi, un processo bruscamente accelerato dallo scoppio della guerra in Ucraina. In questo contesto, Ankara, Nuova Dehli e Riad rappresentano i "non-allineati", potenze regionali emergenti capaci di condurre una diplomazia indipendente e di privilegiare i propri interessi nazionali rispetto alle posizioni "di principio".
Turchia: la cerniera tra Europa e Asia
Fin dall'inizio dell'invasione di Mosca, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan si è presentato come un mediatore. Gli interessi di Ankara, infatti, guardano a entrambi i lati del fronte: da un lato, ha siglato un accordo di libero scambio con l'Ucraina e l'ha rifornita di droni Bayaraktar, firmando ad agosto anche un piano per la costruzione di uno stabilimento della Baykar Marina destinato alla loro manutenzione; dall'altro, mantiene stretti rapporti con Mosca a livello economico, nel settore della difesa e dell'energia. Fa inoltre parte della Nato, svolgendo il ruolo di presenza fondamentale dell'Alleanza Atlantica alle porte del Medio Oriente e del Caucaso.
Il sultano quindi tiene il piede in ben tre scarpe, ma le ambiguità della sua politica internazionale non si fermano qui. La Turchia, infatti, pur professando il desiderio di perseguire relazioni costruttive con la Russia, è una sua rivale in diverse zone "calde", in particolare Siria, Libia e nell'eterno conflitto tra Azerbaijan e Armenia. Eppure, Ankara rimane in equilibrio perché tutti hanno bisogno di lei. A Mosca servono gli introiti derivanti dalla vendita del gas che arriva in Europa dal Turkstream e l'Ucraina necessita del supporto economico e militare del sultano. Dal canto loro, gli Stati Uniti non possono permettersi di perdere un alleato che si trova in mezzo a tre regioni sconvolte dalla guerra o dall'instabilità, prede facili per le potenze rivali.
Ed è proprio la maschera da pacifista a permette ad Erdogan di rimanere saldo in mezzo a questa convergenza di interessi diversi e opposti. Per quanto Stati Uniti ed Europa non siano disposti a fare alcuna concessione alla Russia, nessuno può parlare esplicitamente contro i tentativi di portare le due parti in guerra al tavolo delle trattative, soprattutto ora che la stanchezza dell'Occidente inizia a farsi sentire e l'orso di Mosca affila le zanne in vista del 2024.
India: focus sull'autonomia strategica
Nuova Delhi è un partner fondamentale di Washington nella regione dell'Indo-Pacifico. La postura sempre più aggressiva della Cina, con le continue esercitazioni attorno a Taiwan e i tentativi di estendere la propria influenza politica ed economica sulle nazioni che circondano i grandi attori dello scacchiere orientale, è la vera sfida del futuro per gli Stati Uniti e proseguirà ben oltre il conflitto in Ucraina.
L'India, in tutto questo, svolge un ruolo essenziale. Condivide un lungo confine terrestre con il Dragone, sulle sue acque territoriali si affacciano alcune delle rotte del commercio marittimo globale più trafficate ed è l'unico Stato della regione in grado di bilanciare lo strapotere di Pechino. Per questo, la Casa Bianca ha cercato di legarla sempre di più a sé, anche attraverso il rilancio del Quad, l'alleanza strategica anti-cinese che comprende anche Australia e Giappone.
Nuova Delhi, però, non è interessata a sbilanciarsi completamente dalla parte degli americani. Dall'inizio della guerra in Ucraina, ha tentato di mantenere un approccio equilibrato, invocando una soluzione pacifica ed esprimendo preoccupazione per il comportamento di Mosca, ma non ha seguito Washington nella condanna totale dell'invasione. L'India vuole mantenere la sua immagine rispettosa dei principi della comunità internazionale, ma senza alienarsi la Russia, a cui è legata da un rapporto decennale. I due Paesi, infatti, hanno collaborato fin dai tempi dell'Unione Sovietica nell'ambito della difesa, dell'energia e degli scambi culturali.
Ad oggi, gli obiettivi principali di Nuova Delhi sono evitare una crisi del carburante e mantenere la sua autonomia strategica, ovvero la possibilità di poter perseguire i propri interessi nazionali mantenendo rapporti cordiali con le altre nazioni. La Russia è il suo principale fornitore di greggio, mentre gli Stati Uniti sono il suo deterrente contro la Cina. L'India non può permettersi di perdere uno di questi alleati e loro non possono permettersi di perdere l'India.
Arabia Saudita: il potere del petrolio
Riad è lo storico alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente. La loro partnership si è sempre basata su un semplice scambio: petrolio saudita in cambio dello scudo americano. La politica della Casa Bianca degli ultimi anni, però, ha portato ad un progressivo deterioramento del rapporto tra i due Stati. La primavera araba, l'aumento delle estrazioni di oro nero in Texas e l'ascesa dell'Iran come potenza regionale hanno logorato i legami tra Washington e Riad, che rimangono comunque legati dai reciproci bisogni.
Gli Stati Uniti devono rafforzare le loro posizione in Medio Oriente, una zona del mondo che per anni è stato il loro "giardino di casa" e che ora si trova esposta alla penetrazione di altre grandi potenze come la Cina e la stessa Russia. L'Arabia Saudita, invece, vede nel gigante americano l'unico Paese in grado di garantire la sua sicurezza. La potenza militare, infatti, è una delle colonne portati dell'influenza di Washington nel mondo e, per ora, gli altri grandi attori dello scacchiere internazionale non possono competere: Pechino punta all'economia per accrescere ulteriormente il suo peso nel mondo e l'attenzione delle forze armate russe è concentrata esclusivamente sull'Ucraina. La possibilità che Riad arrivi a normalizzare le relazioni con Israele anche senza una soluzione alla questione palestinese è un indicatore importante della volontà del regno di voler mantenere una stretta collaborazione con gli Usa.
Questo, però, non significa che la diplomazia saudita prosegua in una sola direzione. Lo Stato arabo è il maggior esportatore di petrolio a livello internazionale, seguito dalla Russia. I due Paesi, quindi, possono dettare legge sul prezzo al barile. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, i membri del G7 hanno tentato di imporre un tetto al costo dell'oro nero, per impedire a Mosca di utilizzarne i proventi per finanziare il conflitto. Qui, gli obiettivi del Cremlino e del regno convergono. Riad ha bisogno di capitali ingenti per finanziare il suo piano di revisione economica Vision 2030, mentre Putin vuole mantenere alto il prezzo del petrolio per supportare lo sforzo bellico.
L'Arabia Saudita, assime alla Russia e all'Opec+, ha deciso di estendere fino alla fine dell'anno il taglio alla produzione di greggio, limitando l'offerta e mantenendo alti i prezzi. Anche in questo caso, l'interesse nazionale ha vinto sul "blocco".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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