L'unica soluzione è lo scambio con l'iraniano

Diamo agli iraniani quello che vogliono: un tizio di cui a noi francamente non importa nulla. Non possiamo permettere che il corpo e la mente della ragazza lombarda candida come lo zucchero a velo, siano straziati ulteriormente dagli orchi

L'unica soluzione è lo scambio con l'iraniano

Metto subito in chiaro come penso vada risolto il caso di Cecilia Sala. Esiste una sola strada praticabile per liberarla prima che resti segnata per sempre nel corpo e nella mente: pagare il riscatto che propongono i suoi sequestratori, rimandando a casa per i festeggiamenti con i suoi cari lo svizzero-iraniano Abedini, presunto (non è ancora stato condannato neppure in primo grado) fabbricatore e commerciante di droni del suo Paese.

Capisco l'obiezione, anzi le obiezioni.

La prima. A sinistra, un esponente a me sconosciuto, ma mi dicono importante del Partito democratico, tale onorevole Giuseppe Provenzano, l'ha messa sul piano della morale e dell'onore: «Non cedere a una logica ricattatoria» ma resistere. Traduco. Non ci si deve umiliare davanti alla prepotenza illegale di un regime islamico infame. Costituirebbe un precedente. Il discorso fila. A me però il sacrificio umano di una fanciulla, immolata per salvaguardare un principio, non garba. Se io fossi Giorgia Meloni farei valere un'altra legge, che ritengo superiore alla retorica delle medaglie alla memoria: mai abbandonare un/a proprio/a cittadino/a ai denti del lupo. Mi pare sia una regola anche del corpo dei marines.

La seconda obiezione. Gli americani, che hanno voluto (direi ordinato) con il cablogramma l'arresto di un pezzo grosso dei pasdaran, non accetterebbero senza pesanti ritorsioni la nostra disobbedienza, da alleati di basso rango, indegni persino di consultazione. In effetti gli Usa, essendo la forza dominante d'Occidente, si comportano come i voglio-posso-comando della Nato. Fanno tuttora valere il credito accumulato liberandoci dai nazisti e sganciando i dollari del piano Marshall, eccetera. Niente da dire: tutto vero. Il fatto è che pretendono di esercitare la loro egemonia di superpotenza economica e militare quasi che questo li costituisse come civiltà superiore, autorizzandoli a trattarci da lacchè i quali devono ringraziare lo zio Sam di poter posare le chiappe sulla loro diligenza dovunque sia diretta, e zitti.

Certo siamo debitori e parte debole. E Washington può, qualora decidessimo di non consegnargli il «mercante di

morte» persiano, ritoccare i dazi sulle nostre merci, e magari costringerci a comprare il suo gas a prezzo da collezionisti. Con una multa aggiuntiva: l'azzeramento del nostro peso sul piano diplomatico. A quest'ultimo proposito, avrei un'osservazione: sono stati gli Usa (di Biden) a trattarci in questa circostanza come lo Zero, un Vuoto da riempire con i loro dispacci. Hanno voluto metterci in difficoltà grave, infischiandosene delle conseguenze di un arresto ad altissimo rischio. Se ne sono sciacquati le parti basse. Gli americani sapevano che Abedini ha anche passaporto svizzero. E che il suo volo da Teheran avrebbe fatto scalo in Turchia. Avrebbero dovuto interpellare, in ordine di precedenza, Erdogan, alleato nella Nato. Una volta fosse arrivato a Milano-Malpensa, era noto che Abedini si sarebbe diretto a Lugano, terra elvetica sensibilissima alla minaccia terroristica. Hanno scelto noi per ammanettarlo. Troppa grazia. Ci metti nelle grane e poi, cara America, te la prendi se facciamo valere i nostri interessi nazionali?

Avremmo certo potuto cavarcela meglio, se avesse funzionato il «comparto sicurezza», alle cui mancanze il nostro governo tocca ora rimediare. Possibile che le autorità di polizia prima di eseguire l'arresto non si siano avvedute delle conseguenze di politica internazionale? E che i nostri servizi segreti non ne fossero avvertiti e magari invece di lasciar usare le manette l'avessero pedinato? Ancora. Invece di chiedere il silenzio stampa adesso, forse era il caso di tacere ai giornali la notizia dell'arresto del dronista, evitando di farlo sapere come se fosse una nostra gloriosa operazione - agli ancora ignari ayatollah. Ri-ancora. Il fermo di Abedini e il trasferimento al carcere di Opera è avvenuto la sera del 16. Intanto Cecilia circolava a Teheran a microfoni e telecamere in bella vista. Era la vittima perfetta. Bisognerebbe saper ragionare come quei criminali di pasdaran, è la prima regola dei servizi di sicurezza di una nazione, applicata al tempo dei governi Berlusconi. Andava ricoverata in ambasciata, o rimpatriata al galoppo.

Ora facciamo in modo che accada. E subito. Non possiamo permetterci di lasciare una innocente preda, come Cecilia, nelle grinfie di torturatori professionisti. A Evin l'isolamento equivale a fame, freddo, impedimento

al sonno, con la luce a bucarti le palpebre, perdita di qualsiasi idea di tempo e di futuro. Insomma iniezioni quotidiane di disperazione e di follia.

Diamo agli iraniani quello che vogliono: un tizio di cui a noi francamente non importa nulla. Non possiamo permettere che il corpo e la mente della ragazza lombarda candida come lo zucchero a velo, siano straziati ulteriormente dagli orchi, i quali è un particolare ridicolmente tragico - si sono mangiati anche il panettone che l'ambasciatrice italiana aveva messo in un pacco per consolare il Natale della ragazza come fosse la sua figliola.

Certo, Cecilia Sala si è esposta in modo avventurato e temerario ai soprusi che lei era perfettamente consapevole non fossero da quelle parti una rarità. Citare la ribellione di Oriana Fallaci che si espose all'ira di Khomeini, levandosi il velo alla facciaccia dell'ayatollah, e senza conseguenze, è un paragone che non sta in piedi: Oriana era Oriana e basta, era protetta dall'armatura della sua fama e credo che l'imam temesse pure la forza delle sue unghie e la potenza delle sue maledizioni. Non voglio svalutare la giovane collega, ma consentirle in futuro di usare al meglio le sue qualità e il suo coraggio.

Il potere di ridare Abedini all'Iran o consegnarlo all'America non è nelle mani solo della Corte d'Appello di Milano o della Cassazione. Dipende dal ministro Nordio, e in ultima istanza dal governo. Non è una decisione facile, come lo è per me esprimere un parere. Ho in mente un precedente, infinitamente più pesante: Sigonella, ottobre 1983. Craxi per tutelare gli interessi dell'Italia, lasciò andare libero un conclamato capo terrorista.

Resistette alla pressione fisica e morale degli americani, che dal loro punto di vista avevano ragione, e fece valere la sovranità del nostro Paese. E non aveva davanti un Biden qualsiasi, oggi forte come carta velina, ma Reagan! E Giorgia Meloni non mi pare da meno di Bettino Craxi.

Vittorio Feltri

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