Perché l'Italia non ha votato la risoluzione Onu su Israele

Il nostro Paese, assieme ad altri 45, non ha votato la risoluzione presentata dalla Giordania perché nel documento non si fanno cenni all'attacco di Hamas o al diritto di Israele a difendersi

Perché l'Italia non ha votato la risoluzione Onu su Israele
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L’Italia è tra i 45 Stati che si sono astenuti dal votare la risoluzione Onu presentata dalla Giordania, che ha ottenuto 120 pareri favorevoli e 14 contrari. La presa di posizione del nostro Paese è stata determinata dalla mancanza nel testo di una condanna all’attacco sferrato dai terroristi di Hamas a Israele il 7 ottobre scorso. Come affermato dall’ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente di Roma alle Nazioni Unite, “riconosciamo il lavoro svolto dai Paesi arabi, ma non è stato sufficiente per far votare l'Italia a favore della risoluzione: nel testo manca una chiara condanna alle azioni di Hamas”.

Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito questo punto, aggiungendo che “non c'era un contenuto chiaro sul diritto di Israele all'autodifesa”. “C'erano alcuni punti che non coincidevano con le posizioni italiane”, ha continuato il vicepremier, sottolineando anche che “noi vogliamo che ci sia un atto di sospensione, una tregua umanitaria per permettere alle persone che sono a Gaza e agli internazionali di uscire e permettere l'ingresso di aiuti”.

La posizione del governo è stata duramente criticata dal deputato di Alleanza verdi e sinistra Angelo Bonelli, che ha tuonato contro il governo Meloni colpevole, a suo dire, di aver fatto abbandonate all’Italia “la sua storica posizione di Paese dialogante con il mondo arabo e ha rinunciato a sostenere una decisione per tutelare i civili”. Critica anche la segretaria del Pd Elly Schlein: “Io penso che sia stato un errore per l'Italia non sostenere la risoluzione dell'Onu per una tregua umanitaria. Chiamatela cessato il fuoco, pausa umanitaria ma basta che si fermi questa strage di civili. La preoccupazione è enorme, non possiamo assistere a questo massacro”.

Nella risoluzione approvata nella sera di venerdì 27 ottobre dall’Assemblea generale, non vincolante ma carica di significato politico, si chiedeva “l’immediata tregua umanitaria” tra Israele e Hamas e di permettere agli aiuti di raggiungere la popolazione civile. L’ambasciatore dello Stato ebraico al Palazzo di vetro, Gilad Erdan, si è scagliato duramente contro il documento e il risultato della votazione. “Oggi è un giorno che passerà alla storia come il giorno dell'infamia”, ha affermato il rappresentante di Tel Aviv. “Secondo l'Onu Israele non ha il diritto di difendersi. Non ci sono colloqui o discussioni da tenere con Hamas. Israele non starà con le mani in mano per permettere che commettano di nuovo atrocità. La risoluzione non menziona Hamas nemmeno una volta, come se la guerra fosse iniziata da sola”.

Lo scontro diplomatico tra Israele e l’Onu, di cui questa risoluzione è l’ultima vergognosa pagina, è stato innescato dalle affermazioni del segretario generale Antonio Guterres. Il diplomatico portoghese ha dichiarato che l’orrendo attacco del 7 ottobre “non è arrivato dal nulla” e che la Striscia di Gaza è soggetta ad un’occupazione, finita però nel 2006.

In risposta alle parole di Guterres, condannate all'unanimità da tutta la politica israeliana, lo Stato ebraico ha negato i visti a funzionari delle Nazioni Unite e il ministro degli Esteri Eli Cohen ha annullato gli incontri con il segretario generale.

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