Il prezzo di un neonato? Vale appena 5.500 euro

Si può immaginare che a sottoporsi alla violenza dell'utero in affitto sia una donna che ha bisogno di soldi, trovandosi in una pessima situazione economica

Il prezzo di un neonato? Vale appena 5.500 euro
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Ma davvero il prezzo di un neonato è di 5.500 euro e la gravidanza di una donna si può comprare con 500 euro al mese? Sul serio il sacrificio più impensabile da imporre a una mamma, si paga oggi con qualche banconota? A confermarlo ci sarebbero i tre tentativi di un oncologo padovano e del suo compagno di partire per l'Italia con una bimba di 15 giorni, consegnata loro dalla donna pagata per partorirla. Prima che, all'imbarco del volo Air France per Parigi, venissero bloccati dall'Ufficio immigrazione all'aeroporto di Buenos Aires. Ed è la prima volta, dopo che dal 16 ottobre il Senato ha approvato la legge che considera la maternità surrogata un reato universale. Da precisare che il governo italiano in questo caso non ha avuto nessun ruolo e che l'iniziativa è stata presa dalle autorità argentine, ma che ora la coppia rischia l'apertura di un procedimento penale anche in patria.

Fino a qui i fatti, la cruda realtà di una pratica evidentemente scellerata e finora incredibilmente tollerata, se non addirittura incoraggiata da un mondo progressista che si vanta di difendere le donne, ma non quelle costrette a indossare il velo islamico o a cui viene strappato un figlio appena generato in cambio di vile denaro. E allora, nella certezza che né Floris, né Formigli e tantomeno Lilli Gruber dedicheranno a questo emblematico caso nemmeno uno scorcio di trasmissione, verrebbe da invitare chiunque incroci un politico, un amico, un parente o un semplice elettore di sinistra, a chiedergli se è mai possibile difendere una pratica simile. Consentire che in qualunque parte del mondo ci sia anche una sola mamma costretta per indigenza a una tale crudeltà. Per 500 euro al mese.

Perché questo dimostra con certezza geometrica, quanto pretestuose siano le difese di questa orribile pratica. Quanto sia ideologico sostenere che nel mondo reale ci possa essere una donna disposta al supremo sacrificio e solo per pura generosità nei confronti di una coppia omosessuale di estranei che pretenda di avere quel figlio che la natura gli nega.

E semplicemente leggendo il quotidiano argentino La Nacion, si ha la dimostrazione di come tutte le obiezioni della sinistra alla battaglia del governo Meloni contro il turismo procreativo, siano del tutto false. Perché fa inorridire leggere il racconto della donna che dice, come è ovvio, di averlo fatto solo per soldi. Difficile immaginare la residente in un attico di Manhattan andare in cerca di qualcuno a cui regalare il proprio figlio dopo averlo portato in grembo nove mesi. Più facile immaginare che a sottoporsi a una simile violenza sia una ventottenne argentina che, come si legge nelle carte del procedimento, aveva bisogno di soldi trovandosi in una pessima situazione economica: senza lavoro, non avendo finito la scuola e con una figlia da far crescere. «È in una situazione di estrema vulnerabilità», ha confermato un funzionario. Vulnerabilità, se lo segnino i progressisti di sinistra. Perché, ha raccontato la stessa donna, la coppia dopo averla individuata su un gruppo Facebook, l'avrebbe iscritta a un piano Swiss Medical, facendole firmare documenti che non aveva nemmeno compreso. Raccontando che dopo sei mesi di gravidanza, i due italiani le hanno pagato i sei milioni di pesos con cui pensava di costruire una stanza nella casa della madre, rendendosi poi conto che non erano neppure sufficienti.

Ma ancora più terribile è leggere che la donna ha raccontato di aver già donato i suoi ovuli a 18 anni, così come fanno altre ragazze del suo quartiere di Rosario che partecipano a simili trattamenti in cambio di denaro. Una vicenda talmente terribile che anche a sinistra potrebbero riuscire a distinguere il giusto dall'ingiusto. Oppure no, proseguendo nel loro spietato proposito di distruggere la famiglia.

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