La proposta che divide il Pd: lo scontro sul nome in Europa

Il Gruppo dei Socialisti e democratici al Parlamento europeo (S&d) potrebbe cambiare nome e a tornare alla vecchia formula del Gruppo del Partito del socialismo europeo (Pse): malumori nel Pd

La proposta che divide il Pd: lo scontro sul nome in Europa

Che significa essere "socialisti" nel 2023? Ingaggiare un'armocromista a 300 euro l'ora? Chissà. In una sinistra più impegnata a litigare sulle parole che sui contenuti, ora a far discutere è la denominazione del gruppo europeo di cui fanno parte anche i dem a Bruxelles: l'ipotesi che circola in queste ore è un ritorno alla denominazione Partito Socialista Europeo, abbandonando l'odierno Socialisti e Democratici. Un cambiamento che attesterebbe lo spostamento a "sinistra", almeno a parole, dell'intero gruppo: e si sa, in politica le parole sono anche sostanza. Secondo alcune indiscrezioni, tale cambio di rotta, definito tuttavia dal Nazareno "privo di fondamento", sarebbe sponsorizzato proprio dal Partito democratico di Elly Schlein. E pensare che, nel 2014, proprio per integrare il Pd nel Pse, dopo il congresso di Roma, il Pse aggiunse la dicitura "Socialisti & Democratici" al suo logo ufficiale: ma ora con Schlein i tempi sono cambiati e la sinistra riscopre l'ormai defunto "socialismo".

Cortocircuito nei dem

Nei dem c'è già chi protesta contro questo ipotetico cambio di nome. Debora Serracchiani, deputata e responsabile Giustizia del Pd, osserva che si tratterebbe di un "grave errore. Un errore doppio". L'alternativa alle destre, afferma, "si costruisce con uno spirito inclusivo, puntando ad estendere il campo dei progressisti e riformisti non tornando dietro nella storia e nelle identità". Sul tema la spagnola Iratxe Garcìa Perez, rispondendo ad una domanda in una conferenza stampa tenuta oggi a Cracovia, in Polonia, dove il gruppo si è riunito questa settimana, sottolinea che il gruppo dei Socialisti e Democratici nel Parlamento Europeo "non ha ancora deciso" se cambiare il nome con cui presentarsi alle prossime elezioni europee. Il gruppo sta sondando i suoi componenti per vedere se c'è o meno una "maggioranza" in favore di un cambio della denominazione, riporta l'agenzia Adnkronos. La proposta dunque esiste ed è concreta, come conferma la stessa Perez. "Non abbiamo ancora deciso di cambiare nome - dice Garcìa Perez - stiamo parlando di vedere se c'è una maggioranza che sostiene il cambio di denominazione. Lo stiamo valutando da qualche tempo: è stato proposto da vari membri, da vari gruppi".

La smentita del Pd: malumori nei dem

Nel Partito democratico si solleva il coro degli esponenti più "centristi" e riformisti, contrari al cambio di denominazione. Per il momento, nessuna dichiarazione da parte di Elly Schlein, a ulteriore prova delle tensioni in casa dem. "Per il Partito democratico il cambiamento del nome del gruppo dei Socialisti e democratici al Parlamento europeo non è mai stato in discussione. Le indiscrezioni giornalistiche sul presunto sostegno di Elly Schlein a questa ipotesi sono del tutto destituite di fondamento" afferma in una nota il capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, Brando Benifei, mentre contro il cambio di nome s ischiera anche il deputato dem, Enzo Amendola, il quale sottolinea la forza del Pd e della sinistra è quella di "rimanere uniti nelle differenze". La famiglia progessista, osserva, "si deve allargare, non restringere".

Contrario al cambio di denominazione anche l'ex ministro Lorenzo Guerini, il quale afferma che "la nostra forza è nell'unità delle nostre differenze. E' un valore che abbiamo portato come Partito democratico al gruppo al Parlamento europeo. La famiglia progressista si deve allargare, non restringere".

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