"Il 110%? Ha favorito solo i ricchi. Il governo fa bene a cambiare il reddito"

L'economista dell'Istituto Bruno Leoni stronca le misure dei grillini: "La politica dei bonus ha prodotto cose assurde come il cashback"

"Il 110%? Ha favorito solo i ricchi. Il governo fa bene a cambiare il reddito"

Carlo Stagnaro, lei è direttore ricerche e Studi dell'Istituto Bruno Leoni. Da economista, come valuta il lascito del Superbonus 110%, costato allo Stato oltre 75 miliardi di euro?

«La cifra arriva a 100, se si contano anche gli altri bonus edilizi. Sono stato scettico fin da subito sul Superbonus, tuttavia in un contesto come quello pandemico poteva essere considerato come un modo per spingere l'economia dopo i lockdown. Il fatto è che da misura temporanea è stato prorogato continuamente divenendo un all you can eat fiscale».

Cosa non le è piaciuto?

«L'aspetto più critico è stato l'accoppiata tra l'aliquota al 110% e la cedibilità del credito. Insomma, i lavori li pagava lo Stato e con la cedibilità dei crediti non dovevi nemmeno anticipare i soldi. Poi è ovvio che questa cosa abbia prodotto un boom dei lavori, ma al costo di far venire meno ogni tipo di priorità dell'interesse pubblico».

Doveva sortire risparmi energetici...

«Sì, ma invece si sono usati soldi pubblici per intervenire su villette ed edifici signorili, già di base più efficienti di tanti altri edifici non toccati dai lavori. Il risultato è, come è stato evidenziato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, che ne hanno beneficiato per lo più famiglie a reddito medio alto: insomma, abbiamo regalato soldi a chi non ne aveva bisogno».

C'è però chi sottolinea l'effetto positivo sul Pil...

«Ci mancherebbe altro che, spendendo 75 miliardi, non ci fossero effetti positivi sul Pil. Lo stesso risultato si poteva ottenere costruendo un meccanismo di incentivazione più focalizzato su chi ne aveva più bisogno e anche meno oneroso per le casse dello Stato. La cosa si è definitavamente incartata, poi, quando il governo si è reso conto che prorogare la misura gli avrebbe legato le mani su qualsiasi altra iniziativa, riforma fiscale compresa».

Volge al tramonto il reddito di cittadinanza, altro totem grillino. Ma perché non ha ottenuto risultati nell'inserimento al lavoro dei percettori?

«La parte di inserimento al lavoro non c'è proprio stata. Era costruito in una maniera tale da disincentivare i lavoratori a basso reddito. Del resto, molti potrebbero preferire prendere 500 euro di reddito e 500 in nero per un lavoro part time invece di averne 1000 per un lavoro a tempo pieno».

Che fare allora?

«Meglio evitare un meccanismo che preveda la cessazione del reddito appena si inizia a lavorare. Bisognerebbe poi differenziarlo, il reddito era troppo basso in certe zone urbane, mentre forse era alto rapportato ad aree rurali dove il costo della vita era inferiore».

Era inevitabile una riforma?

«Direi di sì, il reddito non aiutava molti di quelli che avrebbe dovuto aiutare e lo faceva con altri che non ne avevano bisogno. La Caritas ha stimato che le famiglie effettivamente in povertà che hanno avuto accesso al reddito sono tra il 39 e il 50%».

Conte è stato criticato per i banchi a rotelle, ma anche per i bonus a pioggia. Sono serviti?

«Alcuni bonus erano ridicoli. Per il cashback sono stati stanziati 4,7 miliardi: assurdo. Ma penso anche al bonus monopattino e quello rubinetti.

Tutte misure a vantaggio dei professionisti del bonus, persone ad alto reddito che hanno accesso a più informazioni e, magari, possono pagare un consulente. Risultato: il governo più a sinistra della storia italiana ha dato vita al più grande trasferimento di ricchezza dai poveri ai ricchi di sempre».

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