Rischia il posto il "Rasputin" della Appendino

I giorni da sindaco di Torino di Chiara Appendino, in carica ufficialmente dal 30 giugno del 2016

Rischia il posto il "Rasputin" della Appendino

Roma - Soffitti che crollano, teste che stanno per rotolare. E poi «funzionari poco funzionali», che detta così sembra nulla rispetto a tutti i tormenti del M5s e delle sue sindache. Ma la battaglia dura ormai da mesi ed ha finito per logorare Chiara Appendino e Virginia Raggi. Da una parte le prime cittadine, dall'altra i dirigenti che da anni guidano gli uffici. Le sindache battagliano con la macchina comunale, mandano avanti i loro «Rasputin», cercano di accontentare la base grillina convinta che l'ultimo a parlare abbia sempre ragione. Intanto i funzionari resistono, chiedono che vengano rispettate regole e competenze.

La prima a farne le spese è stata Virginia Raggi, decisamente più organica al Movimento e sballottata nei primi mesi di mandato dai militanti romani, straziata dall'eterno dilemma: ascoltare la pasionaria della Garbatella o costruttori come Caltagirone e Parnasi? Il «commissariamento» deciso nei mesi scorsi da Grillo e Casaleggio sembra aver raddrizzato la situazione. Non è così a Torino. Alla fine del 2016 quella di Torino era la sindaca più amata dagli italiani, ora appare in caduta libera. Nessuna facile ironia, ieri mattina è crollato un pezzo dell'antico Palazzo Civico, il soffitto della Sala Rossa, quella che dal 1848 ospita il consiglio comunale torinese. Aula chiusa, consiglio comunale rinviato. Ed è, forse, un caso, anche questo ennesimo incidente. E non si può neppure attaccare (direttamente) la sindaca se il suo capo di gabinetto «s'allarga»: e qui si arriva al secondo punto, alla testa che metaforicamente potrebbe rotolare. A far le spese del caos torinese dovrebbe essere Paolo Giordana, capo di gabinetto di Chiara Appendino, «sindaco ombra e Rasputin» come lo ha già raccontato un mese fa Il Foglio. Ormai è da qualche settimana che il pressing su Giordana va avanti, ma è proprio in queste ore che lui potrebbe «farsi da parte», modo elegante per mostrare in pubblico una vera estromissione. Scelta indispensabile dopo l'ultima puntata di una vecchia questione, ereditata dalla giunta Fassino: coinvolge l'ex caserma Lamarmora dove dovrebbe sorgere un centro congressi e un supermercato. La Ream di Fondazione Crt nel 2012 aveva versato 5 milioni come caparra. La superficie è stata poi aggiudicata per bando a un'altra società, per 16,6 milioni. Restano quindi i 5 milioni da versare alla società immobiliare di Fondazione Crt. Giordana chiede alla direttrice finanziaria di allora, Anna Tornoni, poi rimossa e destinata al settore decentramento, di non indicare i 5 milioni in bilancio. Ipotizza una trattativa in corso. Cosa che a fine novembre viene sottolineata anche da una lettera della sindaca Chiara Appenino. Una ricostruzione che Giordana ha già definito «fantasiosa». Ma ora pare che la «fantasia al potere» non sia più di moda a Torino.

E Giordana, un passato in seminario (il Don è un altro dei suoi soprannomi), improvvisamente appare fuori posto, troppo invadente, troppo litigioso. E decisamente poco organico al Movimento per restare l'ombra di quella che era la sindaca più amata dagli italiani.

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