"Abbiamo preso i ministri a schiaffi per dare di più agli italiani". È il metodo Meloni

Sberle ai ministri spendaccioni, questa, papale papale, la strategia di Giorgia Meloni per far quadrare i conti e portare a casa la manovra

"Abbiamo preso i ministri a schiaffi per dare di più agli italiani". È il metodo Meloni
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Sberle ai ministri spendaccioni, questa, papale papale, la strategia di Giorgia Meloni per far quadrare i conti e portare a casa la manovra. Lo spiega senza troppi giri di parole Giancarlo Giorgetti: «Ogni giorno credo che, come governo, noi dobbiamo dimostrare di lavorare seriamente.

Lo dimostra la legge di bilancio, che è andata a prendere a schiaffoni tutti i ministri a beneficio degli italiani con redditi medio bassi». Tagli interni, restrizioni, rinuncia a costi inutili. «Grazie al sacrifico dei dicasteri - annuncia la premier - che hanno abbandonato idee e progetti, si è attuata una spending review significativa, attorno al 5 per cento». Due miliardi.

Stringere i ranghi e accentrare le decisioni a Palazzo Chigi, concentrandosi solo con i vice Tajani e Salvini, ecco la linea del rigore con cui Giorgia prova a contenere il consueto assalto alla diligenza. Soldi pochi, Finanziaria in gran parte in deficit, tensioni geopolitiche e mercati agitati: non c'è spazio per le battaglie identitarie e di bandiera, i partiti della maggioranza dovranno farsene una ragione. Il partito trasversale della spesa tornerà alla carica, si vedrà chi ha perso e che cosa, però intanto le prime risposte interne sono positive.

Antonio Tajani si rallegra per la riduzione di alcune tasse. «Sottolineo tre punti che mi stanno a cuore, l'intervento per i pensionati e la sanità, il rinnovo dei contratti difesa e sicurezza e il taglio del cuneo fiscale». Matteo Salvini, che per la flat tax deve aspettare il prossimo giro, si dichiara comunque felice per il via libera al ponte sullo Stretto e la riduzione del canone Rai.

E in conferenza stampa, non si sa bene se per esorcismo o per convinzione, la premier mette l'accento proprio sulla «compattezza» della coalizione. «Abbiamo varato la manovra 2024 a tempo di record, è bastata una discussione di un'ora in Consiglio dei ministri, a dimostrazione dell'unità di vedute e di intenti della maggioranza». L'altra parola chiave usata dalla Meloni è serietà. «È una manovra realistica, che non disperde risorse ma si concentra su grandi priorità. Continuiamo a seguire la visione dell'inizio del mandato, nonostante il quadro complesso».

I margini sono strettissimi, meglio abbandonare sogni costosi, come il riordino fiscale e riforma delle pensioni. Da qui l'idea leghista di «zero emendamenti», almeno da parte del centrodestra. «Il nostro obbiettivo - dice Salvini - è di arrivare a un'approvazione finale nei tempi più rapidi possibili, senza correzioni della maggioranza. Poi ovviamente l'opposizione farà la sua parte». E Giorgetti: «Confido che alle Camere chi sostiene questo esecutivo tenga lo stesso tipo di atteggiamento, apprezzando il lavoro fatto e la coesione, evitando quindi di presentare migliorie al testo». Tanto c'è poco da inventarsi, i miliardi a disposizione sono sempre quelli.

Pd e Cinque stelle protestano e parlano di «democrazia parlamentare umiliata». Ma in qualche maniera la partita sembra destinata a riaprirsi.

«Camera e Senato rimangono centrali - avverte Paolo Barelli, capogruppo Forza Italia a Montecitorio - però oltre la legge di bilancio ci sono il collegato e il decreto fiscale, dove ci sarà spazio per gli emendamenti». Prudente pure il senatore di FdI Lucio Malan: «Un'ottima Finanziaria. Vedremo se sarà possibile apportare ritocchi».

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