Niente Ru486 nei consultori della Regione Marche: la sensazione è che la decisione presa nel corso di questa settimana sia destinata a far discutere ancora a lungo, ma le diversità in materia bioetica hanno spesso contraddistinto le coalizioni politiche nel corso di questi ultimi decenni. Stupirsi è lecito sino ad un certo punto. Il consiglio regionale non è flessibile: nelle Marche le linee guida ministeriali sulla Ru486 non sono passate e non passeranno, con buona pace delle forze progressiste che invece ne invocano la necessità.
Tra chi esulta e chi leva voci scandalizzate, il segnale è chiaro, se non altro perché non riguarda soltanto le Marche: alcune Regioni governate dal centrodestra non vogliono assecondare il terreno dei "nuovi diritti", pillola abortiva compresa. Molto di questa storia ruota attorno alla natura delle linee guida del ministero della Salute: può esistere un vincolo su un tema di questa tipologia? La Ru486 rappresenta da sempre una soluzione per chi ritiene che l'aborto sia un diritto da garantire sempre e in ogni caso. Discorso diverso, invece, per le formazioni politiche che guardano alla dottrina cristiano- cattolica e, più in generale, ai cosiddetti "valori non negoziabili".
La mozione targata opposizione di centrosinistra è stata ricusata dalla maggioranza che sostiene il presidente Francesco Acquaroli, che è espressione di Fratelli d'Italia. La coalizione di centrodestra, in maniera compatta, non ha subito defezioni. Poco dopo, un coro di voci pro life si è manifestato, sottolineando la positività, a loro detta, della scelta compiuta dalla coalizione maggioritaria nelle Marche. Possibile che l'opzione individuata in questo caso venga preferita anche all'interno di altri consigli regionali, dove in questi mesi si è discusso anche di aborto farmacologico.
L'associazione Pro Vita e Famiglia è stata tra le prime a plaudere alla novità: "Il no alla pillola abortiva nei consultori delle Marche - hanno fatto sapere dal fronte pro life - , come invece era stato richiesto dalla iniqua direttiva del Ministero di Roberto Speranza, non è solo la vittoria del Consiglio regionale, ma è anche il frutto del nostro impegno civile a favore della vita attraverso la nostra ultima campagna contro la Ru486 e #dallapartedelledonne. Abbiamo creato un solco e trasmesso cultura per fare chiarezza e dare coraggio a tutte le persone di buona volontà e di retta coscienza", hanno aggiunto. C'è stato spazio, dunque, anche per rivendicare l'impegno dei tanti che in questi mesi, in specie tra la cosiddetta "base cattolica", si sono spesi affinché la presunta innovazione ministeriale venisse ricusata.
Anche i vescovi della Conferenza episcopale italiana, durante l'estate scorsa, si erano schierati in modo aperto contro le direttive ministeriali. L'unità d'intenti del mondo cattolico su questo punto potrebbe far storcere il naso a chi sperava che, pure in questa circostanza, un certo progressismo dottrinale assecondasse l'adozione delle linee guida: nessuno sembra disposto a disegnare uno scenario simile, all'interno come all'esterno del contesto ecclesiastico.
Soddisfazione è stata espressa pure dall'europarlamentare della Lega Simona Baldassare, che ha dichiarato che "le donne vanno aiutate a scegliere la vita, non la soppressione di bambini innocenti che non posso difendersi". E ancora: "L’interruzione di gravidanza è una questione che va affrontata con la massima delicatezza. Siamo arrivati - ha tuonato la Baldassarre - all’assurdo che per la sinistra i messaggi positivi diventano Medioevo e l’aborto quasi un dovere.
Come parlamentare e medico, approvo la scelta della Regione Marche, guidata dal centro-destra, di bocciare la mozione-dem, che intendeva imporre l’applicazione della pillola Ru486 nei consultori, come da indicazione del ministero della Salute". Toni entusiastici per un fronte pro life che attorno alla Ru486 ed alle linee guida del ministero della Salute ha sempre esposto serie perplessità.
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