«Le accise sulle sigarette per i farmaci salvavita»

L'ex ministro della Sanità: «Giusto dirottare le imposte che i fumatori pagano per ammalarsi»

Stefano Filippi

L'ex ministro Francesco De Lorenzo è da anni in prima fila nel volontariato per le persone colpite da tumore: presidente della Favo (Federazione associazioni volontariato oncologico), lo scorso giugno è stato riconfermato alla guida della Coalizione europea dei malati di cancro (Ecpc) per altri tre anni.

Il governo vuole aumentare le tasse sulle sigarette per pagare le cure contro il cancro. Che ne pensa?

«La richiesta che viene dai pazienti oncologici non è quella di tassare ancora il fumo, ma di destinare alla sanità le tasse che i fumatori pagano per ammalarsi».

Cioè parte delle accise?

«Appunto. Riservare un centesimo delle accise già versate per ogni pacchetto di sigarette in modo da consentire ai malati di essere curati meglio. Le accise si dovrebbero riscuotere per compensare il danno del fumo mentre finiscono in tanti rivoli. Mi piacerebbe sapere quali».

Lo Stato lucra sul fumo, incassa quasi 14 miliardi di euro l'anno.

«La proibizione del fumo sarebbe un danno enorme per il bilancio pubblico. Ma i malati chiedono un gesto di alto significato: non aumentare le tasse, ma trasferire parte di ciò che l'erario già incassa per coprire le spese dei nuovi farmaci».

Che sono sempre più cari.

«Il costo giornaliero medio di un farmaco antineoplastico è aumentato da 42,20 euro nel periodo 1995-1999 a 203,47 euro nel periodo 2010-2014. Il costo medio di una terapia complessiva è passato da 3.853 euro nel 1995-1999, a 44.900 euro nel 2010-2014».

E sono cure efficaci?

«In Italia sono stati diagnosticati nel 2015 366mila nuovi casi di tumore, i decessi sono stati 175mila con 3 milioni di pazienti in cura. Il 27 per cento degli italiani colpiti da tumore può essere definito guarito e la sopravvivenza a 5 anni è passata dal 39 per cento nel 1990-1992 al 57 per cento nel 2005-2007. A oggi sono disponibili ben 132 farmaci antitumorali e negli ultimi 15 anni ne sono stati immessi sul mercato 63. I numeri parlano chiaro sull'efficacia delle terapie innovative».

Invece non ci sono soldi per garantire a tutti i medicinali salvavita.

«Questo è il punto: all'aumento dei costi non è corrisposto un adeguamento dei fondi. Alle associazioni dei malati operanti sul territorio nazionale risulta che numerose strutture di oncologia medica non sono più in grado, a partire da settembre/ottobre, di assicurare a tutti i pazienti che ne hanno bisogno l'accesso ai nuovi farmaci salvavita, con conseguenti drammatiche scelte degli oncologi medici».

Ma così non si nega il diritto alla salute?

«È un vero razionamento. Un problema gravissimo, che esiste al di là del centesimo di accisa. I malati vengono ingannati: sarebbe più onesto dire loro che non ci sono soldi piuttosto che illuderli.

I pazienti oncologici devono aspettare 427 giorni in Italia (contro i 364 della Francia, i 109 del Regno Unito e gli 80 della Germania) per accedere ai trattamenti innovativi con preoccupanti differenze regionali che stanno peggiorando. A ciò si aggiungono i gravi ritardi dell'Aifa e delle regioni nelle autorizzazioni e nei rimborsi. Occorre avere le terapie giuste al momento giusto. Anche la burocrazia è nemica dei malati».

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