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Torino, Roua accoltellata dall'ex marito davanti ai figli: i dubbi sul bracciale elettronico

La donna aveva 34 anni. Fermato l'uomo: indossava il dispositivo di prevenzione. Indagini sull'allarme non scattato

Torino, Roua accoltellata dall'ex marito davanti ai figli: i dubbi sul bracciale elettronico
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Uccisa con una coltellata davanti ai figli. Ancora un femminicidio, questa volta nel quartiere Barriera di Torino. Vittima dell'ex marito, Nabi Rouba, 34 anni, originaria della Tunisia. Ben Alaya Abdelkader, 48 anni, operaio, l'assassino, fermato e arrestato a pochi metri dal luogo dell'omicidio. Quando i carabinieri lo bloccano, il killer ha ancora il braccialetto elettronico, misura disposta dal giudice, assieme al divieto di avvicinamento all'ex moglie e ai figli, lo scorso agosto. Cos'è che non ha funzionato? La Procura, che ha aperto un fascicolo per omicidio volontario pluriaggravato, ha aperto un'inchiesta parallela per chiarire il perché non è scattato l'allarme previsto in casi del genere e per stabilire eventuali responsabilità.

È lunedì sera quando Abdelkader si presenta a casa della donna, al 66 di via Cigna. Secondo una testimonianza, l'uomo era stato visto davanti il portone già alle 18,30, ovvero 5 cinque ore prima dell'omicidio. Nell'appartamento ci sono anche i due figli minorenni. Tra moglie e marito scoppia una discussione. I vicini sentono un trambusto e si allarmano. L'uomo, che vive non molto lontano dalla casa della ex, afferra un coltello da cucina. Al culmine della lite colpisce la poveretta al petto prima di darsi alla fuga, in strada, rincorso dal figlio 13enne. «Gridava aiuto e piangeva» raccontano i testimoni che hanno sentito le sue urla dalle finestre. È un vicino, assieme all'altra figlia 16enne, a chiamare il 112. Quando arrivano i carabinieri del nucleo radiomobile del provinciale di Torino la donna è a terra. Arrivano anche i soccorsi della Croce Verde di Villastellone che tentano l'impossibile e la trasportano all'ospedale Giovanni Bosco. La donna non ci arriverà viva. «C'è stata una lite - racconta un vicino - non me ne sono neanche accorto finché la figlia non ha urlato chiedendo aiuto e battendo sulle porte. Era molto agitata e in panico». «Il fratello ha inseguito il padre mentre stava contattando i carabinieri - spiega Mattia, il primo a soccorrere la donna - Sono uscito e ho chiamato il 112, l'operatrice mi ha chiesto di provare a tamponare la ferita finché non sono arrivate le autorità e i soccorsi. Le condizioni erano abbastanza gravi. Si erano già sentite liti e discussioni in passato. Litigavano sempre ma non capendo la loro lingua non so su cosa, avrei voluto capire e intervenire prima». «Discussioni? A tutte le ore del giorno e della notte», racconta Gaia. L'uomo, con ancora i vestiti sporchi di sangue, viene portato in caserma e, nella notte, fermato.

Dopo l'interrogatorio di garanzia davanti al pm Giuseppe Drammis, in attesa dell'udienza di convalida del gip, per lui è stato disposto il trasferimento nel carcere Le Molinette Cutugno. I due ragazzi, già seguiti dai servizi sociali della zona, sono stati affidati a una comunità. Resta il nodo del braccialetto elettronico che non ha funzionato. Un sistema basato sul Gps, quindi troppo spesso con lacune e improvvisi black out, anche dovuti all'operatore cui viene affidato il servizio.

Apparecchi programmati per varie funzioni: da quelli per quanti hanno l'obbligo degli arresti domiciliari, in allarme appena il detenuto esce dalla propria abitazione/prigione, a quelli settati per triangolare un raggio d'azione di 500 metri dal divieto di avvicinamento, come nel caso di questa tragedia. L'allarme dovrebbe scattare sia se il dispositivo viene rimosso o manomesso, sia se le batterie hanno un problema o se il soggetto si avvicina all'area vietata. Dovrebbe.

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