Stavolta, dopo tanti anni in cui gli è andata bene, dovrà preparare gli scatoloni e bussare ad una agenzia immobiliare, come fanno milioni di italiani senza santi in paradiso. Emanuele Dessì, il senatore M5s con megastipendio parlamentare e alloggio popolare dovrà cambiare casa. Quella nel pieno centro di Frascati, abitata a lungo anche al ridicolo canone di 7 euro al mese, destinata come edilizia residenziale pubblica a persone in condizioni economiche disagiate, non può essere certo occupata da un senatore con oltre diecimila euro al mese di stipendio. Un'ovvietà che sembrerebbe lapalissiana, ma che in Italia, specie quando ci sono di mezzo i grillini, non lo è affatto. Infatti solo dopo che è diventato un caso nazionale grazie al Giornale, e poi indagato anche dalla troupe di Fuori dal Coro, il Comune di Frascati si è finalmente svegliato e si è accorto dell'anomalia e dell'ingiustizia del caso Dessì, il grillino così vicino al popolo da occupare una casa popolare. Molti cittadini indignati dal privilegio del senatore Cinque Stelle (quelli dell'anticasta, solo a chiacchiere però) hanno chiesto spiegazioni e il Comune di Frascati ha dovuto darle, nella persona del vicesindaco nonchè assessore al Bilancio e Patrimonio, Claudio Gori.
La risposta è che presto Dessì dovrà traslocare, perché il suo reddito è incompatibile con i parametri richiesti per avere diritto ad un alloggio popolare. La legge regionale in materia, infatti, prevede che il limite di reddito previsto per quelle case «possa essere superato per non più di due anni». Come è ovvio, se l'inquilino di una casa popolare risolve, per qualsiasi motivo, la propria situazione di difficoltà economica e passa ad un reddito più elevato dello standard previsto, se ne deve andare. Il limite temporale è due anni, abbondantemente scaduto per Dessì che già dal marzo 2018 percepisce il lauto compenso da senatore della Repubblica.
Finora il Comune di Frascati, di cui è stato consigliere comunale, non gli ha certo messo fretta, e probabilmente la sua speranza era che l'avviso di «sfratto» non arrivasse mai, perchè l'immobile rientra in un piano di dismissioni, che procede anche quello con tempi biblici come spesso nell'amministrazione pubblica italica. Invece stavolta il vicesindaco ci ha messo la faccia e l'impegno, «gli uffici comunali stanno verificando il possesso dei requisiti reddituali, saranno applicati tutti i provvedimenti, siamo ampiamente nei termini di legge per comunicare eventuali decadenze». Quella di Dessì si intende, già fuori tempo massimo. Con i soldi messi da parte in cinque anni di legislatura (se durerà fino al 2023), il senatore grillino potrà tranquillamente comprarsene una.
E diventerà così un piccolo proprietario immobiliare, quelli che proprio lui vorrebbe colpire con l'emendamento «salva-furbetti dell'affitto», finalizzato ad impedire ai proprietari di tornare in possesso di casa propria occupata da inquilini che non pagano, vietandone lo sfratto. Un esproprio, una follia da regime venezuelano. Quasi quanto un senatore da 100mila euro di reddito in una casa popolare.
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