Addio a Stradivialli, il campione che fece del calcio una musica

Il soprannome lo mise Brera: la capacità di Gianluca di interpretare l'arte del football è stata sublime

Addio a Stradivialli, il campione che fece del calcio una musica

Gianluca Vialli, 58 anni, ci ha lasciati ieri, sconfitto da una neoplasia al pancreas contro la quale ha lottato negli ultimi cinque anni. Vialli (Cremonese, Samp, Juve, Chelsea) è stato tra i più forti attaccanti della storia della nazionale italiana.

È stato troppo lungo questo tratto di vita. Lungo e da Te sofferto, con dignità grande, lungo e tormentato da chi ti ha conosciuto sul serio, mica taccuini e microfoni ma sussurri e strizzatine d'occhio, una complicità poi smarritasi nel tempo. Gianluca Vialli è il passato, è un'altra fetta che ci viene tolta in modo feroce ed ingiusto, è la conclusione strozzata di un'esistenza bella e, improvvisamente di colore grigia e poi buio, notte. Venivi da Cremona che è terra di gente furba, di artisti del cinema e della canzone, Tu sei stato un po' l'Ugo, il Tognazzi ma anche un po' la Mina, Mazzini, hai fatto delirare la Cremo e poi la Doria, quindi la Juve e la nazionale, infine la folla del Chelsea. Londra stava da sempre nei tuoi sogni e nelle tue parole, vestivi da Jack Emerson, a Torino, pensando di essere a Savile Row, eri riuscito ad arrivare nella swinging London. Avevi quel mezzo sguardo furbastro, accompagnato da un sorriso che diventava un ghigno. Hai segnato gol di potenza e di acrobazia, figli dell'intelligenza e dell'astuzia, ti sei fracassato un piede calciando un rigore, scrivemmo che era trauma da stress, sei finito altre volte in sala operatoria per guai dovuti al football, mai avresti immaginato che saresti tornato in clinica per altro maledetto destino.

Tra quelli della tua generazione sei stato il più moderno, potente e agile, volpe e leone, attaccante di forza e di sacrificio. Brera per te ideò il neologismo di Stradivialli, come il genio liutaio cremonese hai saputo suonare viola, violino, violoncello, chitarre e arpe, avevi addosso polvere d'oro prima di scoprire che il metallo si fosse trasformato in veleno e allora tutto il resto è scappato via, come un treno che fila in corsa davanti agli occhi e non riesci a individuare chi c'è a bordo eppure c'è chi ti osserva, ti saluta, ti abbandona, lasciandoti il mistero del chi, del che cosa. Una carriera di quelle che tutti i ragazzi che giocano a pallone desiderano e sognano, i prati di provincia, poi i teatri metropolitani, i soldi pesanti, tanti, importanti pur appartenendo a una borghesia benestante, infanzia e adolescenza nella dimora del Cinquecento, il luogo dei conti Affaitati a Belgioioso, in famiglia il football era gioco, divertimento, anche passione, non certamente professione. Tu eri il quinto a nascere, dopo Mila, Nino, Marco e Maffo, quest'ultimo con il nome dell'avo biologo e poi emerito docente all'Università di Pavia. Gianluca, secondo usi dell'epoca giusta, trovasti all'oratorio, il suo portava il nome di Cristo Re, il teatro di partite di fantasia tra una lezione di catechismo e un servir messa, tutta roba assolutamente normale, senza ambizioni e manie e frenesie del mondo contemporaneo che di quei siti religiosi, attigui alle parrocchie, ha ormai perso traccia. Eppure da ragazzino ti piaceva dribblare e poi calciare e i chili si aggiungevano agli anni ed era scattata la famosa molla, merito di don Angelo e del professore d'italiano, Cristiani Franco che, come molti, completava il ruolo insegnando il calcio.

Si narra che la prima squadra fu il Pizzighettone. Il luogo del primo carcere di Lombardia, ti mando a Pizzighettone era la minaccia rivolta ai soldati quando la prigione diventò carcere militare. Quello fu il luogo della Tua liberazione e libertà, a dodici anni il cielo era soltanto di stelle e di sole. Per un cavillo (fuori quota per un niente di giorni) non riuscirono a tesserarti e allora la Cremo Ti fu addosso per lire cinquecentomila. Comincia l'avventura del signor Bonaventura, stava scritto nei fumetti di Sergio Tofano, che riceveva un milione per le sue storie fortunate. Luzzara era il presidente di quegli anni, si andava a Cremona, noi cronisti, per il piacere della trasferta puntualmente condita dai prosciutti offerti in dono dal vice di Luzzara, il maestoso Giuseppe Miglioli, titolare di un salumificio. Tu avevi più riccioli che parole, ci pensava Erminio Favalli, funambolico diesse, a descriverTi nei minimi particolari: «Questo finirà a Milano o a Torino». Prima del trasloco, la solita vita di un teen, cinemino e bar (il Rio aveva fama di essere un ritrovo di fascistelli, posso dire che a Torino, qualcuno aveva appiccicato nel Tuo armadietto dello spogliatoio bianconero un figurina del duce a cavallo) poi Vincenzi e Mondonico avrebbero sostituito il professor Cristiani ad insegnare il mestiere, gol, serie B, promozione, tenevi spesso i calzettoni arrotolati sulle caviglie, i polpacci erano gonfi, non resistevi al laccio elastico, andavi di rovesciata che Sandro Ciotti narrava en bicicleta. Venne la gloria, come desiderava il parroco don Angelo, al mite Luzzara si presentò il petroliere Mantovani, la Sampdoria, Genova non è un'idea come un'altra. Il presidente della Doria stava costruendo uno squadrone, Vialli, Cerezo, Mancini, sembrava tanto, anzi troppo. Raggiunto a Memphis, dove era ricoverato per un by pass cardiaco, Mantovani mi rispose testualmente: «Senta, ho deciso di fare un film su Gesù, secondo lei dovrei risparmiare sui chiodi della croce?». Colpito, scudetto e finale di coppa dei campioni a Wembley contro il Barcellona. Segna Koeman, c'è anche Guardiola in blaugrana, fine dell'avventura europea della Samp. Venne poi la Juventus, stavolta la coppa è alzata nel cielo di Roma, ai rigori contro l'Ajax. Dopo le perfide allusioni di Zeman, il doping, il tribunale, gran festa di gruppo ma nello spogliatoio raduni la stampa e annunci la scelta del Chelsea, storia profumata e bella, da calciatore prima, da allenatore dopo. Londra è il Tuo abito su misura, sposi Cathryn, ceni al San Lorenzo, dove consumano i pasti anche lady Diana e i primi emiri del Regno. La nazionale, vissuta come sapevi e volevi, non benissimo con Bearzot del dopo Spagna, benissimo con Vicini fino a Italia '90 e alla grande occasione mancata contro l'Argentina poi finalista.

Del dopo non vorrei scrivere, anche se lo hai raccontato nel libro, ho pensato che di colpo Ti fossi ritrovato nel carcere di Pizzighettone, dietro le sbarre di una esistenza improvvisamente nebbiosa, come certi giorni sull'Adda. I migliori anni della Tua vita e di chi ti ha amato, inseguendo un ragazzo, un pallone e mille altre cose oggi lontanissime.

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