Adesso lo dice la legge: il diritto di asilo si può anche rifiutare

No alla richiesta di una famiglia in fuga da Aleppo Stati ora liberi di scegliere se accogliere i profughi

Luigi Guelpa

Theo Francken, il segretario di Stato del Belgio in materia di asilo e immigrazione, è diventato l'uomo del giorno. Negando un visto a una famiglia siriana, riparata in Libano da Aleppo e intenzionata a raggiungere amici nella città di Namur (capitale della Vallonia), l'autonomista fiammingo ha innescato una sentenza del tribunale dell'Unione Europea destinata a fare giurisprudenza. Ieri infatti la Corte di giustizia di Lussemburgo ha assolto il governo belga per il diniego delle autorità d'immigrazione a rilasciare il visto umanitario. Nella sentenza si può leggere che «gli Stati membri non sono obbligati a rilasciare visti umanitari per le persone che vogliono venire nel loro territorio con l'intenzione di chiedere asilo, ma sono ancora liberi di prendere questa decisione sulla base delle leggi nazionali». Per il governo belga accettare la richiesta della famiglia Nakdali avrebbe costituito un precedente pericoloso, destinato a far perdere ogni controllo sulle frontiere, aprendo di fatto la strada alle richieste e all'afflusso di decine di migliaia di persone alle sedi di diplomatiche ad Ankara o Beirut. Secondo Francken «se alla famiglia siriana fosse stato concesso un visto di tre mesi, ci saremmo trovati nella condizione di rilasciarlo a qualsiasi altro richiedente, anche senza legame con il nostro Paese». La famiglia siriana, composta da Mohamad Omar Nakdali, 38 anni, dalla moglie 31enne Qamar, e da tre bambini, si era recata il 12 ottobre 2016 all'ambasciata di Bruxelles a Beirut per richiedere un visto per il Belgio. Mohamad aveva spiegato di essere stato sequestrato da un gruppo armato, percosso e torturato, e di essere stato liberato su pagamento di riscatto. Nella richiesta si insisteva in particolare sul degrado della sicurezza, segnalando inoltre che appartenendo alla confessione cristiana ortodossa, rischiavano di essere oggetto di persecuzione. Da parte sua il capo della diplomazia in Libano, Alex Lenaerts, aveva messo al corrente il ministro degli Esteri Reynders della questione, attivando Theo Francken e la commissione per l'asilo e l'immigrazione, che a sua volta si era espresso il 18 ottobre negando il visto. Alla fine dello stesso mese la Corte dell'Ue aveva multato il Belgio di 4mila euro per ogni giorno di ritardo nel rilascio dei visti per i membri della famiglia di Aleppo. A novembre il Tribunale di primo grado di Bruxelles aveva accolto il ricorso delle autorità belghe stabilendo che le autorità d'immigrazione non dovevano pagare la multa. Di seguito gli avvocati dei siriani si erano rivolti alla Corte europea di Lussemburgo. I legali dei Nakdali sostenevano che il rilascio del visto dovesse essere considerato come unica via legale per poter lasciare Aleppo senza ricorrere agli scafisti. Ieri però la Corte del Lussemburgo non ha accolto le richieste dei profughi siriani, sottolineando piuttosto come ciascun paese europeo debba mantenere il controllo sulla propria politica di concessione di visti umanitari senza imposizioni da parte Ue. L'Unione infatti stabilisce solo le procedure e i requisiti per il rilascio dei visti di transito o per soggiorni previsti sul territorio degli Stati membri della durata massima di 90 giorni, appellandosi di fatto al Principio di Dublino, che prevede che responsabile dell'asilo sia il paese di primo sbarco. Per i Nakdali era il Libano, non certo il Belgio. La sentenza sarà l'argomento della due giorni del Consiglio europeo che inizierà domani. A fronte dell'arrivo massiccio di rifugiati da Siria e Libia in Italia e Grecia, la Commissione ha presentato una riforma che prevede il ricollocamento delle persone in tutta Europa. Il negoziato diplomatico però va a rilento per l'opposizione dei Paesi dell'Est (l'ungherese Orban ieri ha ribadito che «l'immigrazione è veleno»).

Intanto, sul fronte italiano, «entro fine mese altri due hotspot, a Messina e a Mineo», si aggiungeranno a quelli di Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto». Lo ha detto ieri il capo della Polizia, Gabrielli, nel corso dell'audizione in Commissione migranti.

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