Non lo si dice apertamente, ma lo si fa intendere chiaramente: le organizzazioni non governative tifano per un esecutivo giallorosso.
Per chi in questi mesi è rimasto impegnato in un perenne braccio di ferro con il primo governo Conte, quello di colore gialloverde, vedere un ministro dell’interno più “accondiscendente” nella prossima compagine è più di un auspicio.
In una disputa prettamente politica, quale quella relativa all’immigrazione, sembra quasi fisiologico per le Ong iniziare a sperare in un cambio radicale nelle scelte del Viminale. Del resto, se l’estate del 2019 è quella della ripresa dello scontro tra le organizzazioni ed il ministero dell’interno, al tempo stesso è anche quella in cui le diatribe su questo fronte passino definitivamente dal lato umanitario a quello politico.
Dal canto loro molte Ong non lo ammetteranno mai, tuttavia che si “tifi” per una parte politica è, come detto, fisiologico oltre che innegabile. Ed allora, questa crisi di governo di mezza estate, tanto surreale quanto tutto sommato improvvisa, apre alle organizzazioni scenari insperati.
Attualmente sono due le navi che aspettano di entrare in acque italiane: la Mare Jonio e la Alan Kurdi. La prima è dell’ong italiana Mediterranea Saving Humans, nata nello scorso mese di ottobre e che tutto sembra tranne che “a – politica”.
Uno dei capomissione dell’Ong è l’onorevole di LeU, Erasmo Palazzotto: è lui a condurre la Alex, il veliero che compone insieme alla Mare Jonio la flotta della Mediterranea Saving Humans, a Lampedusa nello scorso mese di luglio.
Come dichiarato da un altro capomissione dell’Ong italiana, ossia l’ex leader antagonista Luca Casarini, Mediterranea nasce grazie ad un finanziamento di Banca Etica le cui garanzie vengono poste da alcuni esponenti di LeU, tra questi l’ex presidente della Regione Puglia, Nicky Vendola.
Impossibile dunque non mescolare al tema umanitario quello della mera lotta politica. Ed ora che la Mare Jonio si vede negata l’autorizzazione ad entrare in acque italiane da una firma che rappresenta, nella pratica, uno degli ultimi “rantoli” del governo gialloverde, l’Ong tifa per un radicale cambio di linea governativa.
Lo si intuisce, ad esempio, dall’articolo dell’inviato di Repubblica, Marco Mensurati, a bodo della nave. Si chiede “aiuto” a Palazzo Chigi, si invoca l’intervento del premier uscente ed incaricato Giuseppe Conte, si auspica che la giravolta politica del presidente del consiglio possa essere anche di natura “umana” e produrre da subito gli effetti auspicati: “Il primo atto che ci si aspetta dal nascente governo delle novità, con dentro il Pd – si legge nell’articolo redatto a bordo della nave – è che questa nave venga lasciata entrare in porto. Oggi stesso. Grazie”.
Non solo la Mediterranea, che essendo Ong italiana ovviamente appare più interna al nostrano contesto politico, ma anche le altre organizzazioni non governative vedono nell’ingresso del Pd al governo una nuova opportunità. Una situazione quasi insperata, capace di stravolgere la politica italiana in fatto di immigrazione.
Una speranza però che potrebbe essere vana: nel 2017 è proprio un ministro del Pd, ossia l’allora titolare dell’interno Marco Minniti, a stilare il cosiddetto “codice delle Ong”, il primo passo per regolarizzare l’operato delle organizzazioni privandolo dell’iniziale anarchia
operativa nelle acque del Mediterraneo. Ma certamente, dal punto di vista delle Ong, un governo giallorosso è meglio di uno gialloverde. E le ragioni umanitarie lasciano definitivamente spazio a quelle del mero agone politico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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