Omicron rallenta nel Regno Unito. È ancora presto per fare un bilancio ma Londra da qualche giorno con il fiato sospeso guarda ai dati che mostrano finalmente una crescita decisamente più lenta rispetto alla corsa delle settimane scorse. Anche ieri il premier britannico Boris Johnson ha riconosciuto che ci sono ancora molti ospedali «sopraffatti» dall'arrivo dei contagiati e che occorre tenere duro ma i dati segnalano che a Londra i casi di Covid sono scesi del 20% nel confronto con il picco del 22 dicembre scorso.
L'analisi è del Financial Times che segnala come i casi emersi nella fascia d'età tra i 20 e i 34 anni, la più colpita da Omicron nella fase iniziale, segnano il passo: dai 26mila del 24 dicembre ai 21mila di due giorni fa. Persino gli esperti dell'Imperial College di Londra, i primi a lanciare l'allarme sull'arrivo di un virus fino ad allora sconosciuto alla fine del 2019, ora sembrano mostrare un cauto ottimismo. Il professore Neil Ferguson ipotizza che l'ondata di Omicron stia raggiungendo il plateau, quindi non più in salita ma piatta. In particolare tra gli adulti dai 18 ai 50 anni. Si valuta anche l'impatto sugli ospedali dopo settimane nelle quali è stato registrato un trend di crescita pari al 60% di settimana in settimana ora l'aumento è del 18%. Un rallentamento che per ora interessa soltanto Londra che è stata colpita per prima mentre in altre aree i ricoveri raddoppiano giorno dopo giorno. Nel Regno Unito al momento ci sono 15mila ricoverati per Covid, mentre nel picco di gennaio scorso erano quasi 35mila.
Anche nell'analisi di un altro prestigioso ateneo, il King's College di Londra, l'andamento dei contagi nella capitale è paragonabile a quanto accaduto in Sudafrica. Omicron, osservano gli scienziati, rallenta molto più velocemente di Delta. Se i cittadini continueranno a vaccinarsi e a mantenere le misure precauzionali la situazione nel giro di qualche settimana potrebbe finalmente stabilizzarsi. Ieri i contagi in Uk sono scesi sotto quota 200.000, a poco meno di 195.000 dopo il picco assoluto di oltre 218.000 censito due giorni fa.
E il premier Johnson è tornato ad insistere sulla necessità che tutti si vaccinino sottolineando che tra i pazienti in terapia intensiva per Covid nel Regno Unito il 60% non ha ricevuto alcuna dose di vaccino mentre il 91% non ha fatto la terza dose (booster). Un dato questo confermato anche dai primi studi preliminari elaborati in Italia dall'Istituto Superiore di Sanità: la terza dose offre una cruciale difesa dalla malattia grave. Anche per Omicron che aggira di più la protezione del vaccino per l'infezione. Ma chi ha la terza dose è ben difeso dalla malattia e dalle complicazioni più gravi.
Sembra non destare particolari preoccupazioni invece
la variante individuata in Francia già all'inizio di dicembre che presenta 46 mutazioni e per questo è considerata «cugina» di Omicron. Per ora l'Organizzazione Mondiale della Sanità non ha ritenuto necessario monitorarla.
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