«Emerge la presenza di un archivio riservato di GA (Giovanni Agnelli) presso lo studio Grande Stevens». Per capire quanto sia ormai frontale lo scontro tra la Procura della Repubblica di Torino e i tre fratelli Elkann, nipoti ed eredi dell'Avvocato, basta leggere queste due righe del mandato di perquisizione eseguito martedì dalla Guardia di finanza nello studio di Franzo Grande Stevens, 96 anni, presidente onorario della Juventus, Grande Vecchio degli affari legali di casa Agnelli. E custode, secondo i pm, dei segreti della famiglia. Compreso l'archivio riservato di cui si parla nella mail scovata dagli inquirenti, inviata dall'avvocato Michele Bramonte, dello studio Grande Stevens, a Gianluca Ferrero, commercialista della famiglia: «Ho ricevuto una comunicazione sui poteri di JE (John Elkann, ndr) in caso di impossibilità di GA, che ti allego. Sto verificando nell'archivio riservato di GA le pratiche personali e ti saprò dire sugli studi in tema di adozione».
É anche in quell'archivio riservato che la Procura cerca ora le prove delle operazioni illecite compiute dalla vedova di Agnelli, Marella, e dai suoi nipoti Elkann per estromettere dall'eredità la rispettiva figlia e madre, Margherita, e per sottrarre al fisco utili per centinaia di milioni di euro. Che una parte potesse essere nascosta in via del Carmine, nello studio di Grande Stevens, i pm lo deducono da una mail inviata a Ferrero e al notaio Remo Morone: «Come siamo messi per il recupero degli originali presso lo studio GS?». GS, ovvero Grande Stevens.
Gli originali di cui parla la mail sono i documenti chiave dei reati commessi dai professionisti di casa Agnelli - secondo la nuova accusa mossa dai pm a Ferrero e al notaio Morone - per truccare le carte della società Dicembre, la cassaforte di famiglia che controlla Exor. Una relazione del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Finanza del 14 novembre ha spinto i pm a chiedere d'urgenza il decreto di perquisizione. Dalla relazione delle «fiamme gialle» citata nel decreto si apprende che gli stessi documenti con le firme di Donna Marella (morta nel 2019) e dei suoi nipoti John, Lapo e Ginevra esistono in due versioni: la prima senza data, la seconda «con firme palesemente difformi» e con una data a timbro. «Il notaio Morone nel momento in cui aveva attestato l'identità aveva commesso in concorso con Ferrero Gianluca un falso ideologico in atto pubblico», si legge nel decreto, il notaio avrebbe alterato i verbali «su indicazioni di Ferrero Gianluca ricevute il 28 giugno 2021»
Truccare le carte era indispensabile per simulare la vendita delle quote di Dicembre da Marella Agnelli ai tre Elkann. Una vendita, per i pm, mai avvenuta, le quote passano gratis dalla nonna ai nipoti, aggirando Margherita. Nella versione ufficiale degli Elkann il pagamento sarebbe avvenuto cedendo in tre tranches posizioni finanziarie su fondi intestati a una fiduciaria, per un totale di oltre 80 milioni di euro. Ma «dalla documentazione sequestrata presso la P fiduciaria emergeva che i mandati erano stati chiusi il 17.5.2004 e quindi due giorni prima del loro formale utilizzo». Inoltre «Lapo e Ginevra Elkann non avevano sufficienti redditi per poter procedere in autonomia all'effettuazione di un investimento siffatto», mentre John anzichè pagare la nonna riceve da lei 100 milioni di euro, suddivisi in cinque mandati alla Banca Pictet «quindi in senso contrario all'asserita compravendita».
In questo vortice da emicrania di carte e conti, una cosa è chiara: per anni si è finto che Marella abitasse in Svizzera anzichè a Villa Frescot, a Torino, «ove quest'ultima risulta avere risieduto abitualmente
e continuativamente fino al decesso». E in questo modo alla sua morte i tre fratelli Elkann «si procuravano un ingiusto profitto pari quantomeno (in attesa degli accertamenti sulla società Dicembre) a euro 24.689.937,66».
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