Roma - Un referendum che vale un miliardo: a tanto, secondo i calcoli del ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, ammonterebbe il costo per lo Stato - e quindi per tutti noi - di un fallimento del piano Alitalia.
Ieri dal governo e pure dai sindacati confederali era tutto un susseguirsi di appelli ai lavoratori, perchè non boccino l'accordo trovato dopo una maratona di 18 ore di trattative per salvare il salvabile della ex compagnia di bandiera. Chiare le parole del ministro dei Trasporti Graziano Delrio: certo, i lavoratori «non hanno alcuna vera responsabilità per questa situazione», ma a questo punto tocca a loro di «fare uno sforzo perché l'azienda possa continuare ad esistere».
E' stato lo stesso premier, Paolo Gentiloni, ad auspicare un esito positivo del referendum aziendale della prossima settimana: «L'impegno del governo è stato incessante in questi mesi. Alitalia è una azienda privata, ma il governo non ha risparmiato sforzi per cercare di ottenere un piano industriale condiviso che ora mi auguro venga confermato nel referendum». Gentiloni ha espresso il suo auspicio durante una conferenza stampa convocata a Palazzo Chigi per discutere di tutt'altro: la firma del memorandum contro la povertà, e l'annuncio dell'introduzione del reddito di inclusione. Ma non è stata una decisione casuale: in sala erano presenti i capi dei principali sindacati, da Susanna Camusso per la Cgil a Carmelo Barbagallo della Uil, e proprio davanti a loro il premier ha colto l'occasione per sottolineare che l'esecutivo ha fatto la sua parte, e fino in fondo (nonostante Alitalia sia, appunto, «un'azienda privata»), ma che ora la responsabilità di salvare l'accordo sta tutta e solo nelle mani dei sindacati. Se a questo punto il referendum andrà male e l'intesa verrà bocciata, la responsabilità sarà solo loro. E che il messaggio sia andato a segno lo si intuiva dai sorrisi tirati di Camusso e Barbagallo, che ostentano fiducia sull'esito della consultazione tra i lavoratori, ma sanno di rischiare molto: «La preoccupazione che abbiamo e che vogliamo trasmettere ai lavoratori - dice la segretaria della Cgil - è che bisogna provare a salvare un'azienda che così è sull'orlo della sua chiusura». Insomma, i sindacati hanno compreso che quello di Gentiloni è stato un modo soave e diplomatico per incastrarli alle loro responsabilità sul pesante dossier Alitalia.
La cui pesantezza è stata quantificata appunto da Carlo Calenda: «Tenete presente che l'amministrazione straordinaria, se questo piano fallisse, butterebbe sullo stato italiano tutti costi della gestione Alitalia o della liquidazione, e sarebbero costi altissimi: solo l'amministrazione straordinaria costerebbe oltre 1 miliardo di euro». Se l'accordo sarà approvato dai sindacati, aggiunge il ministro dello Sviluppo economico, «a quel punto immagino che gli azionisti metteranno le risorse previste e lo Stato italiano, attraverso Invitalia, potrà dare una garanzia da 200 milioni da versare se le cose andassero male».
Previsione che irrita le opposizioni, con la Lega che chiede che il ministro venga a riferire in Parlamento perchè «è inaccettabile che lo Stato garantisca gli investimenti delle banche su Alitalia mettendo a garanzia 200 milioni di soldi pubblici».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.