Alleanze e dopo Expo. Perché la "City" italiana è decisiva per Matteo

Le Comunali 2016 ridisegneranno i confini politico-economici del Paese: una partita che Renzi vuole giocare in prima persona

Alleanze e dopo Expo. Perché la "City" italiana è decisiva per Matteo

Le mani di Matteo Renzi su Milano. Non c'è voluto molto al boy scout di Pontassieve svelto di parola e tutto sommato anche d'ingegno, per capire che non bastava saltare dalla poltrona di sindaco a Firenze a quella di primo ministro con uno «stai sereno» sibilato all'allora premier Enrico Letta. Che per contare davvero nel salotto buono della politica e soprattutto della finanza gli mancava ancora qualcosa. Anzi, forse tutto. Quella Milano capitale economica e dopo il romanzo criminale di Roma tutto sommato nuovamente anche morale, dove Renzi non è mai riuscito ad avere veri amici e nemmeno tiepidi sostenitori, tanto che il suo fedelissimo al vertice del Pd lombardo è Alessandro Alfieri. Bravo, ma di Varese.

Ma visto che, come si diceva, il boy scout è svelto d'ingegno, la questione l'ha affrontata di petto. E subito dopo aver messo piede a Roma, ha cominciato a viaggiare verso Milano. Più con i voli di Stato che con il Frecciarossa, presto abbandonato. Prima timidamente e con l'imbarazzo del provinciale, poi sempre più spavaldo come lunedì all'Expo quando con una splendida Agnese ( wife in red ) ha accolto la cancelliera tedesca Angela Merkel e il di lei dimesso consorte. Solo l'ultima di una serie di visite che proseguiranno a settembre con la serata alla Festa dell'Unità organizzata ai Giardini dedicati a Indro Montanelli. Facile immaginare cosa ne bischererebbe nel suo toscanaccio.

Perché quest'anno il Pd ha scelto proprio Milano per la sua festa nazionale. E Renzi ha scelto sempre Milano per il G7, quella riunione dei potenti del mondo che tanto voleva nella sua Firenze il sindaco Dario Nardella, di Renzi erede e pupillo. Uno sgarbo che rientra nel piano di conquista di Milano le cui tessere si vanno componendo. A cominciare dal nuovo sindaco da eleggere a primavera, passaggio cruciale perché proprio qui si disegneranno i nuovi assetti della politica nazionale. Centrosinistra con Pd, ribelli e vendoliani uniti o divisi? Lega e Forza Italia insieme o separate in casa? E dopo il gran rifiuto dell'avvocato rosso Giuliano Pisapia che già un anno prima ha annunciato l'addio, le mosse di Renzi sono ben chiare. Evitare le fastidiose primarie che potrebbero far vincere candidati non considerati vincenti come il deputato pd Emanuele Fiano o Pierfrancesco Majorino e imporre da Roma un nome ritenuto più affidabile. Quello del commissario Expo Giuseppe Sala o un Pisapia invitato a ripensarci (scappatoia per rinunciare alle primarie, evitando una rivolta). E, ripreso possesso del Comune, nella testa di Renzi quale migliore spot in mondovisione che la passerella dei capi di Stato dei Paesi che più contano? Magari sui terreni dell'Expo, quel milione di mq alle porte di Milano dove, smantellati i padiglioni, si giocherà una straordinaria partita urbanistica e immobiliare. Un rebus che nessuno ha ancora sciolto tra ipotesi di silicon valley in salsa ambrosiana, cittadella universitaria o nuovo stadio del Milan.

Un castello che però potrebbe essere di carte. Soprattutto se (come pare) a prendere quota nel centrodestra sarà la candidatura di ferro del filosofo e anchorman Paolo Del Debbio. Potrebbe essere lui a mandare a gambe all'aria i sogni della sinistra, perché se dovesse scendere in campo è ben difficile pensare a un Pisapia o a un Sala disposti a sfidarlo. A meno che Silvio Berlusconi non pensi proprio a Del Debbio come suo successore nella corsa a premier. Offrendo magari al leader della Lega Matteo Salvini la candidatura a sindaco.

Comunque vada, Milano è sempre più centrale. Di questi anni le grandi riqualificazioni immobiliari (progettate dalle amministrazioni di centrodestra) con i grattacieli delle archistar e i capitali di qatarini e cinesi che arrivano, ma anche la scalata alle classifiche delle mete turistiche più ambite nel mondo. E, decidendo di farci il G7, Renzi ha dimostrato di averlo capito.

Forse già da quell'ottobre 2012 quando non ancora premier venne per la cena a cui il golden boy della finanza e fondatore del fondo Algebris Davide Serra aveva invitato capitani d'azienda, banchieri e consulenti finanziari. Allora fu la sinistra a insorgere. Ma Renzi non era ancora il padre padrone.

Twitter @gdellafrattina

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