L'evento tragico di Torino rappresenta una drammatica eccezione nella storia delle ferrovie italiane. Anche se ogni anno si registrano comunque incidenti mortali elencati nelle relazioni dell'Ansifisa, l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture. Nel 2021, per esempio, ci sono stati 89 «incidenti significativi» tra cui 6 collisioni di treno con due vittime e tre feriti gravi, 2 deragliamenti di treni senza vittime, 5 collisioni di treni contro ostacoli che ingombrano i binari, 7 incidenti ai passaggi a livello. Poi spuntano anche 4 incidenti sui cantieri ferroviari avvenuti nella rete Rfi che hanno provocato un morto e due feriti gravi. Eventi che hanno sollevato critiche dell'Agenzia che ha invitato i gestori dell'infrastruttura ad attuare «più efficacemente le direttive per migliorare le performance in termini di sicurezza».
E questo significa che le sviste possano avvenire anche se le regole ci sono e vanno sempre rispettate. Ogni notte sull'intera rete ferroviaria, gli interventi di manutenzione sono centinaia. In un anno si macinano 31 milioni di ore di lavoro per 15 mila addetti di Rfi oltre all'apporto degli addetti di 655 imprese esterne. Un lavoro immane che garantisce la percorribilità di circa 10 mila treni al giorno in tutta la penisola. E fino all'altro ieri è andato tutto liscio. Ora, dopo Torino, forse si dovrà correggere dei meccanismi di comunicazione interni per arrivare a rischio zero. Usando forse più tecnologica. È già successo che un terribile incidente abbia dato una svolta radicale all'intero sistema di sicurezza ferroviario, quello di Piacenza del 97, conosciuto come la «strage del Pendolino». A causa dell'eccessiva velocità del treno, gestito autonomamente dal macchinista, la carrozza di testa uscì dai binari e morirono i due macchinisti in servizio, due agenti della Polizia ferroviaria, due hostess e due viaggiatrici. A bordo del treno si trovava anche il politico Francesco Cossiga, ex presidente della Repubblica, che ne uscì illeso unicamente grazie al caso, perché al momento dell'incidente si trovava nella carrozza ristorante, una delle due non deragliate, e non al posto che gli era stato assegnato, nella carrozza di testa. Quella disgrazia scatenò una corsa all'adozione di un nuovo sistema di sicurezza e supporto alla condotta del macchinista. Che ora non può più decidere con la sua sola testa: è prevista una velocità di crociera prestabilita e se c'è il semaforo rosso, il treno si ferma da solo. Ma 26 anni non sono passati invano. Attualmente esistono ben tre sistemi di sicurezza che interessano l'intera rete ferroviaria. Quelli immediatamente introdotti a ridosso degli anni 2000 sono SCMT e SSC, meccanismi sofisticati che impediscono al macchinista di fare come gli pare e il fattore umano diventa marginale perché è come viaggiare con il pilota automatico, per la sicurezza dei viaggiatori.
Ultimamente si è aggiunto il sistema europeo, si chiama ERTMS e consente di far circolare i nostri treni anche sulle rotaie degli altri paesi europei. Per il momento i convogli adatti sono quelli dell'Alta velocità e interessa circa 1.340 chilometri di rete nazionale che è attrezzata con l'evoluto sistema per la supervisione e il controllo della circolazione ferroviaria. Entro il 2026, grazie ai soldi del Pnrr, questo sistema si estenderà ad altri 3.400 chilometri e nel 2036 il sistema europeo dovrebbe estendersi all'intero percorso ferroviario italiano. Un investimento di rinnovo che impegnerà 13 miliardi di euro.
Un altro gioiellino di alta tecnologia già in funzione, anche se nessuno lo vede, si chiama Diamante, un convoglio Frecciarossa dove al posto dei sedili sono installati dei laboratori mobili che sfrecciano a 300 chilometri all'ora e analizzano le condizione dell'infrastruttura ferroviaria come l'usura del binario. E segnala le pecche. Senza sbagliare.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.