L'ora del Fico suona alle 19,30, quando Sergio Mattarella, dopo aver sentito per tre giorni una quarantina di partiti, un centinaio di persone e un migliaio di versioni diverse, decide di «prendere un'immediata iniziativa» per salvare il Paese dalle «tre emergenze» che ci stanno travolgendo: sanitaria, economica, sociale. Dunque, ecco qua l'esploratore. Il presidente della Camera ha un perimetro d'azione preciso, cioè dovrà rovistare tra i cocci giallorossi per «verificare la possibilità» di superare i veti incrociati e rimettere in qualche in modo in piedi la vecchia maggioranza, magari ridistribuendo e ricalibrando incarichi e poltrone. Conte o non Conte poco importa. Quello che interessa, spiega il capo dello Stato chiudendo il primo giro di consultazioni, è trovare «un governo immediato» che abbia «un adeguato sostegno parlamentare». Insomma, altro che responsabili, qui serve una guida salda che «sappia utilizzare con rapidità e efficacia» i soldi del Recovery Plan, 209 miliardi «fondamentali» per evitare il naufragio. «Non possiamo in questo momento così difficile lasciare il Paese esposto agli eventi».
Mattarella è teso, preoccupato. Parla dei vaccini, del Covid, dei problemi finanziari di famiglie e imprese, del malcontento sociale sul punto si esplodere. Spiega che bisogna fare presto. Prestissimo, subito. La crisi è ancora complicata, incartata, però qualcosa forse si muove, soprattutto dopo l'incontro con i 5 Stelle che hanno, pare, rinunciato ad alzare le barricate contro Matteo Renzi. Insomma, c'è un filo. «Dalle 32 ore di colloquio che ho avuto - racconta - è emersa la prospettiva di una maggioranza politica composta a partire dai gruppi che sostenevano il governo precedente». Uno spiraglio, un tentativo. «Questa possibilità va peraltro doverosamente verificata».
E quindi, feluca e mascherina, nelle prossime ore Roberto Fico sonderà e riferirà «entro martedì». Un anno e mezzo fa la sua operazione diplomatica, mettere insieme i carissimi nemici M5s e Pd, si concluse con un fallimento. Stavolta forse sarà ancora più dura, ci vorrà più tempo, che è il tempo che l'Italia non ha. Comunque per quanto possibile in questi tre giorni il capo dello Stato gli ha un po' spianato la strada, ottenendo un'apertura di Italia Viva, l'ammorbidimento del Pd, la retromarcia dei grillini, il passo avanti verso Renzi persino da Leu. Ma c'è molto da fare, il campo e tuttora pieno di mine.
Il problema principale si chiama Giuseppe Conte, premier uscente, ufficialmente riproposto da tre dei quattro soci della vecchia maggioranza, osteggiato da Iv. Sperava in un reincarico, invece il mandato a Fico lo depotenzia, lo indebolisce, lo costringe per forza di cosa in un angolo. Che faranno i suoi sostenitori, lo molleranno davvero? E lui, si farà da parte senza combattere o cercherà di ricucire con Renzi, cedendo tutto il cedibile?
Poi, i 5 Stelle: davanti a Mattarella e ai microfoni nel Salone delle Feste il reggente Vito Crimi ha chiesto di fare «passi avanti» e assicurato che «non esistono veti». Peccato che una bella fetta dei suoi non la pensi così. Una quarantina di parlamentari si ribellano alla sola idea di un'intesa con «Matteo l'irresponsabile». E Alessandro Di Battista minaccia una scissone. «Se è così arrivederci» . Fico proverà a mediare. «Grazie per la fiducia, impegnerò tutto me stesso». assicura l'esploratore.
«Siamo al suo fianco, bisogna spazzare gli elementi divisivi», giurano dal quartier generale pentastellato. E Luigi Di Maio: «Buon lavoro. Sarà punto di riferimento per favorire il dialogo, speriamo nel senso di responsabilità di tutti». Chi lo spiega a Dibba?
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