Non vogliono lockdown differenziati. Non vogliono la babele delle misure, con ogni regione che va per conto suo. Non accettano che il peso di scelte restrittive venga caricato e scaricato sulle loro spalle insieme con le relative conseguenze sociali ed economiche. Chiedono con forza misure «univoche» e «nazionali». I governatori sono stati chiari nel vertice in videoconferenza con Palazzo Chigi; dall'altra parte, ad ascoltarli, il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia con il titolare della Salute Roberto Speranza.
Il messaggio è unanime: questa volta, nel momento più delicato per la curva dei contagi, è Roma a dover decidere, perché l'indice di contagio cresce in tutti i territori. Tocca al governo gestire l'emergenza. Per questo la riunione è stata aggiornata a stamattina, quando si tenterà di trovare una quadra. «La logica dei singoli territori non ha senso perché l'epidemia è diffusa e le differenze dei territori hanno un ritardo di tre giorni. Bisogna muoversi in maniera unitaria perché differenziazioni territoriali porterebbero a reazioni diverse che non sarebbero capite», avrebbe detto il governatore della Campania Vincenzo De Luca preoccupato anche per la tenuta sociale della sua regione. Quello della Lombardia, Attilio Fontana, non ne vuole sapere di firmare uno stop per Milano e dice «No ai lockdown territoriali, perché se fermiamo Milano, fermiamo la Lombardia». Perché «una serie di interventi territorio per territorio, polverizzati e non omogenei, sarebbero probabilmente inefficaci e anche incomprensibili ai cittadini, che già oggi sono disorientati. Servono segnali coerenti, forti e credibili».
Il governatore del Veneto Luca Zaia vuole invece evitare «il lockdown generalizzato, perché non è sostenibile e non serve, in Veneto la maggior parte sono asintomatici e la sanità è sotto controllo». Ed è stato il ministro Boccia a ricordare che linee uniformi scattano già e quando «l'Rt (ovvero l'indice di contagio, ndr) supera un certo livello, alcune misure sono già previste in automatico. Oggi ci sono 11 Regioni oltre 1,5 e 2 regioni oltre 2».
Di certo c'è che sul tavolo di confronto si valuta lo stop agli spostamenti tra regioni. Ne ha parlato come misura sicura il ministro Boccia. Lo scenario verso cui si va è quello della scorsa primavera: saranno consentiti solo per motivi di lavoro o di salute. I governatori sembrano d'accordo ma chiedono anche un coprifuoco da fare scattare alle 18 su tutto il territorio nazionale. E poi le attività: «La chiusura dei centri commerciali nel weekend l'avevamo già proposta per l'ultimo Dpcm, sul trasferimento tra Regioni potremmo contenere la trasmigrazione se non per motivi di lavoro o salute mentre dopo le 18 farei proprio bloccare la possibilità di circolazione» avrebbe detto Stefano Bonaccini, ieri risultato positivo al Covid ma asintomatico. «Più ci sono misure nazionali più diamo un senso di uniformità perché sarebbero più facili da spiegare al Paese - ancora Bonaccini - anche perché la situazione è diffusa in tutto il Paese».
Liguria, Piemonte e Lombardia chiedono di valutare anche se limitare il più possibile gli spostamenti degli over 70, potenziando al contempo l'assistenza domiciliare.
Infine la scuola: le Regioni invocano una linea unica, si pensa di allargare il campo alla didattica a distanza, mantenendo la presenza però fino alla seconda media. Ma a decidere su questo sarà l'indice di contagio: «Sulla scuola non si deve prendere una decisione univoca - ha detto Boccia - ma deve dipendere dal grado di RT in ogni regione».
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