"Ce l'abbiamo fatta! Abbiamo abolito la povertà". Era il 27 settembre dell'anno scorso e i ministri grillini del governo gialloverde, guidati da Luigi Di Maio esultava sul balcone di Palazzo Chigi per l'accordo sulla manovra che avrebbe istituito il reddito di cittadinanza.
Quello che il capo politico del Movimento 5 Stelle non aveva considerato è che è proprio ai più poveri che quell'assegno non va. A poco più di un anno esatto da quei caroselli nel centro di Roma, è la Caritas a certificare il flop di uno strumento che non aiuta chi davvero ne ha bisogno. Anche se - almeno in linea teorica - il reddito di cittadinanza prevede importi ben più alti del Rei (il reddito di inclusione voluto da Matteo Renzi), la nuova misura sfavorisce i nuclei con 5 e più componenti e i nuclei con figli minori che ricevano un aumento meno che proporzionale.
Al punto che le famiglie mononucleari ricevono un contributo superiore della soglia di povertà, mentre le famiglie con 4 e più ricevono un importo sempre inferiore alla soglia di povertà, come emerge dal report su overtà ed esclusione sociale. Così come emerge che - nonostante il reddito grillino abbia una platea di beneficiari potenzialmente più alta - restano esclusi dall'assegno pure i poveri assoluti che non rispettano i requisiti (i senza dimora, gli 87mila nuclei di stranieri extra Ue non residenti da almeno 10 anni). Inotre crea una maggiore segmentazione in questa classe sociale dal momento che non c'è un vero coordinamento territoriale unitario tra centri per l'impiego e servizi sociali.
Nel report della Caritas si sottolinea pure che nel corso del 2018 sono aumentati i cosiddetti 'working poor'. In particolare cresce la situazione di criticità delle famiglie il cui 'capofamiglia' è impiegato come operaio o assimilato, tra loro risulta povero in termini assoluti il 12,3% del totale. Colpisce e allarma il confronto tra la situazione delle famiglie di operai di oggi con quella antecedente al 2008: tra loro, in soli dieci anni, l'incidenza della povertà assoluta è aumentata del 624% (passando dall' 1,7% del 2007 al 12,3% di oggi).
L'Italia in ogni caso è il sesto Paese
maggiormente a rischio di povertà d'Europa (27,3%), dopo Bulgaria (32,8%), Romania (32,5%), Grecia (31,8%), Lettonia (28,4%) e Lituania (28,3%), davanti alla Spagna (26,1%) che è settima. Altro che "abolire la povertà"...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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