
La «piazza per l'Europa» di Michele Serra era contro il centrodestra, contro il governo di Giorgia Meloni e contro il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, dem che ha rivendicato di aver finanziato la manifestazione con circa 270mila euro, ne è convinto: «Non c'è stato un solo attacco rivolto a qualcuno», ha dichiarato, riferendosi all'evento. E l'Europa non è un tema «divisivo». Per questo il Comune avrebbe fatto bene a stanziare tutti quei soldi. Peccato che un rapido sguardo alla piazza riveli, senza troppa difficoltà, la natura ideologica della manifestazione. Basta scorrere il video integrale. Dal fantoccio di Trump con i soldi in bocca alle bandiere palestinesi, passando per le critiche alle politiche migratorie dell'esecutivo italiano e per gli intermezzi musicali sulle note di «Bella ciao»: difficile scorgere «neutralità» in quel contesto. E poi il messaggio complessivo, con molte delle posizioni prese dagli ospiti che si sono alternati sul palco.
Serra, dopo 8 minuti, sfodera il vero collante della piazza: la critica a Trump. Un uomo che, per la firma di Repubblica, ha la «carta di credito» come «bandiera». La stessa usanza del «governo di miliardari» che avrebbe composto. Un «attacco» forse sfuggito a Gualtieri. Poi, dopo un'oretta, Roberto Vecchioni fa la sua lectio. Il professore cita Marx tra gli autori del «pensiero continuo» dell'Europa. Una naturale premessa alla considerazione successiva: «La destra nasce perfetta perché ha un solo scopo, che è quello di dominare e schiacciare». «Neutralità» atipica, si direbbe.
Gianrico Carofiglio pesca Antonio Gramsci e la sua avversione agli indifferenti. Dopo poco, tocca a Luciana Littizzetto, in collegamento. «Vengo dall'Europa - dice - , posto che secondo Trump è nato per truffare gli Stati Uniti». Sarà.
Dopo più di un'ora a mezza, tocca al giornalista Corrado Formigli: «Penso che tutte queste bandiere siano unite da un rifiuto comune, il rifiuto verso questa idea di democrazia che avanza oggi, una democrazia che pensa di compiersi soltanto nel momento del voto». Quella che «il giorno dopo», sulla base «del voto popolare» e del «consenso», inizia «ad attaccare i corpi intermedi...». È l'argomento della «democratura». Quello che la sinistra sbandiera dal secondo dopo la sconfitta nelle urne all'attimo prima di una (in questo frangente improbabile) rivincita. E la premier Giorgia Meloni? Ci pensa l'attivista iraniana Pegah Moshir Pour a tirare dentro la discussione la presidente del Consiglio. «Io voglio costruire questa Europa. Perché sono una donna, sono una madre, sono europeista», tuona dal palco, provando a scimmiottare un celebre discorso della leader Fdi. Anche questo, un caso di «neutralità» apparentemente distante dal significato comune dell'espressione.
Ma il primo cittadino della capitale resta «fiero» della sua scelta amministrativa. E il fatto che «la città dei trattati, Roma, dia il suo contributo per organizzare una grande manifestazione per difendere l'Europa, con la voglia di unire non di dividere - ha continuato il primo cittadino - dovrebbe essere considerato come un elemento positivo». Insomma, la piazza di Serra era centrata su una ferrea volontà unitaria. E solo chi polemizza, a torto, non lo vede. FdI continua a chiedere le dimissioni del sindaco di Roma per via dei soldi spesi.
E FI apre un nuovo fronte: «Oggi si
scopre che la giunta Gualtieri elargirà altri 250mila euro agli amici del Cinema America, militanti di estrema sinistra», dice il consigliere municipale Fabrizio Montanini. Dev'essere un altro caso di assoluta «neutralità».
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