Un luogo comune molto diffuso in Italia racconta che gli immigrati che arrivano nel Belpaese siano fondamentali per pagare le pensioni agli italiani. Ed è vero che, pagando i contributi previdenziali, i lavoratori stranieri in qualche modo aiutino l'Inps a elargire ogni mese le pensioni. Ma per l'Italia non è un conto in positivo: i migranti infatti ci costano ogni anno il 2% della spesa pubblica, ovvero circa 16,6 miliardi di euro. Più di quanto versino per i contributi.
La bugia del "gli immigrati ci pagano le pensioni"
La Fondazione Leone Moressa in questi giorni ha pubblicato un report annuale sull'economia dell'immigrazione. I numeri sono chiari, ma vanno letti correttamente. La Fondazione ha infatti usato un gioco interessante, immaginando gli immigrati come una enorme azienda: gli stranieri producono, in maniera aggregata, un Pil complessivo di 127 miliardi di euro all'anno (8,8% del Pil nazionale). "Come la Fiat", fanno sapere dalla Fondazione. O quasi, visto che la casa automobilistica ha un fatturato di 136 miliardi.
I dati inoltre dimostrano che i lavoratori stranieri nel 2014 hanno pagato 11 miliardi di contributi pensionistici e 6,8 miliardi di Irpef (l'8,7% del totale dei contribuenti). In sostanza hanno "pagato" la pensione a 640mila italiani. Un bel numero, certo: ma bisogna guardare anche a quanto costano gli immigrati allo Stato. Innanzittutto, ogni anno l'Italia versa le pensioni mensili a 100mila immigrati (75mila extracomunitari e 25mila comunitari dell'Est), quindi le pensioni "pagate dagli stranieri" scendono a 540mila. Inoltre vanno aggiunti i costi per welfare e sanità pubblica a cui ricorrono gli stranieri. Il conto finale è in rosso: i 5 milioni di migranti presenti in Italia pesano sulla spesa pubblica nazionale per il 2% del totale. E poiché nel 2015 il Belpaese ha speso 830miliardi di euro, questo significa che gli immigrati sono costati agli italiani 16,6 miliardi. A conti fatti, insomma, comuntiari ed extracomunitari ci costano più di quanto diano per le pensioni e quasi lo stesso se si considera pure l'irpef. Non proprio un bel guadagno.
La ricerca della Fondazione Moressa racconta anche altro. Gli stranieri sono più giovani degli italiani, e questo si sapeva: i concittadini in età lavorativa sono il 63,2% del totale, dato che sale al 78,1% per gli immigrati. Al contrario sono più gli anziani italiani di quelli stranieri, rispettivamente il 23,4% contro solo il 3%. Gli stranieri si dedicano soprattutto al settore dei servizi (50,7%), in particolare la ristorazione (19%), e prediligono lavori di bassa qualifica (nel 66% dei casi). E questo significa reddito inferiore e maggior numero di famiglie sotto la soglia di povertà.
Attenzione, però: gli immigrati trovano più facilmente lavoro. Il 47% degli immigrati è occupato (contro il 36% della popolazione italiana), ma nella maggior parte dei casi (66%) si tratta di lavori a bassa qualifica. In crescita sono invece le imprese, con negozi di stranieri che crescono come funghi nelle città italiane.
Il confronto con le Pmi italiane è degradante, e dovrebbe far riflettere: nel 2015 erano registrate 550mila imprese straniere (e 656mila imprenditori immigrati) a fronte di un calo importante della nascita di negozi e aziende italiane. Dal 2015 al 2011 le aziende italiane sono crollate del 2,6%, mentre quelle straniere sono cresciute del 21,3%.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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