"Andate via o vi uccido". Porta Venezia ostaggio di nordafricani violenti

La rabbia dei residenti del quartiere al centro di Milano: non siamo padroni a casa nostra

"Andate via o vi uccido". Porta Venezia ostaggio di nordafricani violenti

«Questo è il mio territorio, o ve ne andate o vi ammazzo». Il ragazzo africano ci punta il dito minaccioso, zainetto in spalla e sguardo deciso. Ci rincorre per diversi metri e con violenza afferra la telecamera per impedirci di riprendere la scena. Parla bene italiano e sostiene di essere il capo di quel gruppo di connazionali che bivacca ogni giorno ai bastioni di Porta Venezia a Milano.

Sembra un mondo a parte questo angolo di centro della città meneghina. Una realtà che non capisci a fondo se non tasti con mano quel senso di insicurezza, di incertezza e paura che i cittadini vivono quotidianamente. Sono appena le cinque del pomeriggio quando parcheggiamo l'auto a due passi dalla «banda», un mix di bevitori, clandestini e immigrati regolari. Tutto il giorno stanno seduti sulle scale dei bastioni, con un bazar a qualche metro di distanza dove comprare gli alcolici a poco prezzo. È quando proviamo a fotografare un ragazzo apparentemente privo di sensi che si scatena la rabbia violenta del «suo» capo: «Non provate a riprenderlo urla dalla cima dei bastioni non fotografate i miei fratelli o vi faccio del male».

Ecco. Anche questa è Milano. Difficile crederci? Forse, soprattutto se la si osserva con i filtri del politicamente corretto. Ma è così: poco controllo, pochi vigili e molti immigrati sono i fattori chiave che producono questo disastro. «Non siamo più padroni a casa nostra», urla al telefono una residente che chiameremo Maria per assicurarle anonimato. Ha paura: «Possono farmi del male aggiunge sono anni che lotto contro tutto questo. Ma nessuno ha fatto niente». Non il Comune. Non lo Stato. Nessuno ha impedito che un'intera zona di un quartiere milanese diventasse, tra immigrazione e degrado, «la capitale dell'Eritrea». Scherza, ma non troppo, la signora che ci fornisce questa definizione. È esasperata. Pochi istanti prima ha fermato due vigili chiedendogli di «ripulire quell'orrore». Ma loro non possono, perché «è l'amministrazione a dover risolvere, noi vigili siamo impotenti». E così, tra uno scaricabarile e l'altro, tutto rimane immutato. Chiara, un'altra residente, si allontana di qualche passo dal bazar prima di raccontarci la sua quotidianità in balia di balordi e immigrati. Si sente minacciata. «In questa zona dice non esiste lo Stato. Qui si vede il fallimento dell'Italia». Chiara non è razzista, «ma lo sono diventata». Poi ci invita a «non fare troppe domande in giro» perché «è pericoloso».

Non sono esagerazioni: l'esasperazione dei residenti si percepisce facilmente. È mai possibile che una metropoli come Milano si riduca così? «È intollerabile dice Gianluca Boari, consigliere di zona della Lega Nord La sensazione è che sia un territorio in mano agli stranieri, quando dovrebbe essere un punto turistico da valorizzare».

E invece non è così. Una città che cova queste situazioni è una città destinata ad esplodere oppure ad allontanare i suoi cittadini. «Quei ragazzi africani hanno avuto anche il coraggio di dirci che se non ci piace più il quartiere possiamo andare via si sfoga Maria ma questa è casa nostra, non loro».

Basterebbe poco per ottenere normalità. Basterebbero più controlli, più forze dell'ordine, la presenza reale delle istituzioni.

Ma mentre Porta Venezia è un luogo di bivacchi, poco distante un vigile compila rigoroso una contravvenzione. «Questo commenta Laura dimostra l'incompetenza di un'amministrazione che ci tartassa e lascia il comando agli stranieri».

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