Gli antiberlusconiani di professione non si arrendono mai. Detestarlo è un affare

C'è chi come Travaglio, Vauro e Natangelo ha costruito una carriera su Silvio. All'estero si sbizzarriscono anche i tabloid: è il frutto di rancore e ideologia

Gli antiberlusconiani di professione non si arrendono mai. Detestarlo è un affare
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Una damnatio memoriae non converrebbe a molti di loro perché poi non saprebbero di cosa occuparsi. Resta la possibilità di non considerare un pizzico di «pietas» verso gli esseri umani, il momento di cordoglio, quantomeno uno stop della contesa ideologica. Loro sono gli odiatori a mezzo stampa o chi ha deciso di «tagliare» con note negative la notizia della morte del Cavaliere. Per Marco Travaglio, principe dell'antiberlusconismo, quella di due giorni fa è stata «una giornata imbarazzante di beatificazione». Concetto in qualche modo ribadito dalla prima pagina di ieri del Fatto, da buona parte del Fatto di ieri in realtà, e anche dalle aperture di sito. «Pregiudicato per frode fiscale, finanziatore della mafia per 9 volte prescritto». E alla via così. Gianni Barbacetto, in un video online, commenta alla sua maniera: «Berlusconi? Per anni ha finanziato Cosa Nostra e ha tentato di salvare se stesso dai processi». Repubblica ha aperto con «il primo populista», con un'accezione che positiva non è. Il professor Marco Tarchi, qualche anno fa, a Linkiesta disse: «Berlusconi presenta alcuni tratti tipici della mentalità populista, in una delle sue tante declinazioni, ma nell'azione politica concreta ha sempre dimostrato di propendere per un'impostazione moderata, centrista e quanto più possibile politicamente corretta. Forza Italia non ha niente a che spartire con il populismo». Difficile da smentire. Su Micromega, in un pezzo a firma di Pierfranco Pellizzetti, spuntano almeno due titoletti rimarchevoli, per così dire: «Fenomenologia di un mentitore seriale» e «poer nano». Poi, citata, emerge una definizione di berlusconismo quale «passaggio dal mediocre banale al mediocre mannaro». Vauro e Natangelo firmano ieri due vignette un filo rancorose, a essere generosi. «Berlusconi è morto? Ma non sono sempre i migliori che se ne vanno?», fa dire il primo al suo disegno. Nel Natangelo di giornata c'è il demonio che accoglie l'ex premier negli inferi. «Figlio di ..., ci ha fregato». Perché, chiedono dall'esterno. «Ci ha mandato suo fratello», spiega il demonio. Per la prima pagina de La Notizia l'eredità del Cav è «la peggiore destra di sempre». L'Italia antiberlusconiana, un'ondata culturale economicamente coperta, in via indiretta, dal peso avuto e destinato a proseguire del Cav. C'è curiosità in giro sulle sorti dell'antiberlusconismo in assenza fisica di Berlusconi.

Parte della stampa estera, spesso ingenerosa in passato con l'ex premier, non si smentisce neppure stavolta. Il premio per il cinismo lo vince l'Evening Standard, tabloid inglese: «Morto il premier del bunga-bunga» è il titolo secco scelto. «Eroe del bunga bunga» è un'espressione comparsa sull'Irish Examiner. Sul Guardian è stato pubblicato un articolo per cui il fondatore del centrodestra era «conosciuto per la sua permanente abbronzatura, le gaffe, le feste in stile bunga bunga e l'ego smisurato». Per il New York Times, a cui è piaciuta la reductio ad «showman», Berlusconi ha «introdotto il sesso e il glamour nella tv italiana e poi ha portato la stessa formula in politica, dominando il Paese e la sua cultura per più di 20 anni». I francesi di Le Monde accentano, come hanno fatto anche altri del resto, gli «scandali». Charlie Hebdo ritiene che l'eredità di Berlusconi siano Meloni, Orban e Le Pen, rappresentati come tre vermi che escono dal corpo esanime del Cav. Questa almeno è la copertina. «Morto l'amico di Vladimir Putin», afferma l'agenzia ucraina Unian. Forza Italia ha votato tutti gli aiuti inviati dall'Italia a Volodymyr Zelensky. Perché «i fatti alla fine contano in politica», copyright del Cavaliere. I giornali tedeschi mantengono in parte la fama di apri-fila dell'antiberlusconismo continentale. Il Sueddeutsche Zeitung dà al leader ventennale del centrodestra dell'«incantatore» e «massaggiatore delle masse». La Welt ricalca Repubblica o viceversa e Berlusconi viene di nuovo etichettato con la categoria di «populista». Il Die Tageszeitung rimanda il Cav «a giudizio» una volta ancora. E lo fa col tipico tono giustizialista cui ci ha abituato. La Libre, quotidiano belga, ci va pesante: «Pazzo dalla faccia tosta, senza scrupoli né morale».

E per il Times «pochi fuori dall'Italia potevano comprendere come un uomo così imbarazzante potesse essere eletto primo ministro del suo Paese». Per fortuna, siamo tra i tanti in Italia che invece hanno «compreso». E ai moralizzatori d'altrove viene da dire non sapete cosa vi siete persi.

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