Astensione sul referendum: la giravolta di Napolitano

L'ex capo dello Stato sulle trivelle: "Consultazione pretestuosa". Ma quando c'era Berlusconi votare era "un dovere morale". E Renzi esulta: "Magistrale"

Astensione sul referendum: la giravolta di Napolitano

Tu chiamale, se vuoi, contraddizioni. Ma c'è molto di più, e di peggio, nelle giravolte di un signore ultranovantenne, già comunista, assurto al soglio più elevato nella residenza che fu dei Papi.

Giorgio Napolitano, «inventore» del governo Renzi come lo fu di quello Letta e, soprattutto, mentore dei tecnici di Monti, ha le idee un po' confuse. Comprensibile. Anche i ricordi, probabilmente, sfumano in un qualcosa d'indistinto e non sempre coerente con la storia patria. Prendiamo per esempio quanto disse nel 2011, all'epoca del referendum sull'acqua bene pubblico. Regnava Silvio Berlusconi, la sinistra cercava disperatamente una rivincita. L'occasione arrivò sulla scia dell'indignazione popolare contro i rischi che un bene primario potesse finire nelle mani dei privati. Vinsero i comitati, con la sinistra tradizionale - peraltro con alcune filiere di ex comunisti a gestire il business dell'acqua in molte regioni - che masticò amaro nei confronti dei comitati civici. Fu la prova generale del successo grillino. Allora il presidente aveva lanciato dal Quirinale il suo saggio monito per il voto, «un dovere morale». Si votava anche sul nucleare e sul lodo Alfano, naturalmente.

Cambiano i tempi, cambiano le circostanze. Schienato da mesi in una strenua difesa del giovane inquilino da lui messo (dapprima non senza diffidenze) a Palazzo Chigi, Napolitano all'indomani del parere del presidente della Consulta, forse per riequilibrarne il peso, si esprime come mai un uomo delle istituzioni si era pronunciato a riguardo del referendum sulle trivelle. L'astensione, ha spiegato, «è un modo di esprimersi sull'inconsistenza dell'iniziativa referendaria». «Inconsistenza» esprimere un indirizzo sulle politiche di salvaguardia marina e difenderlo dagli affari (peraltro poco produttivi)? Detto da uno che nel 2011 lodava l'impegno di Pannella per la «valorizzazione dello strumento referendario come elemento di democrazia diretta»? Un flop nel metodo e nel merito, da chi non aveva mai mancato gli appuntamenti referendari e, già nel 2005, era andato diligentemente alle urne sulle norme per la procreazione assistita. Il motivo di tanta dissennatezza emerge potentemente quando, ieri pomeriggio, il nuovo propugnatore dell'«andate al mare, piuttosto che votare (sul mare)», cioè il premier Renzi, coglieva dalle parole di Napolitano il richiesto rafforzamento. «Astenersi è legittimo - dice Renzi - Magistrale Napolitano». Come fratelli de Rege fuori tempo massimo, i due si danno la battuta e se la giocano. Tanto che il presidente emerito ha sostenuto allo spasimo anche la riforma costituzionale renziana e non manca, instancabilmente, di difenderla. Come ieri in un'intervista a Repubblica, nella quale però l'elemento più spassoso (e intrigante) è racchiuso nel finale. Quando chiamato a rispondere sull'aria di «spallate» al governo Renzi, Napolitano concede un'altra magistrale lezione sulla stabilità, il «consolidamento e la credibilità delle istituzioni e della direzione del Paese» verso i quali si concentra da sempre in Italia un' «irresponsabilità» e una «sottovalutazione dei danni» conseguenti.

Bando alle «guerriglie» sotterranee per far «cadere i governi in carica o paralizzarli». Per farlo, ci sono le elezioni. Parla di se stesso, evidentemente: delle elezioni non concesse dalla caduta del governo Berlusconi in poi. Governo caduto per congiura di Palazzo. Indovinate quale.

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