Quasi tutte le occupazioni delle università si sono chiuse. L'appuntamento è per il prossimo settembre, o magari ottobre. Come previsto, con l'arrivo dell'estate arrivano anche le smobilitazioni ma ora è il tempo della conta dei danni, ingenti, causati dagli occupanti nei palazzi e nelle facoltà, usate come dormitori, vandalizzate e trasformate in immondezzai. Le tasse dei contribuenti, invece che essere investite nella formazione della nuova classe dirigente, verranno impiegate per ripagare i danni commessi da un manipolo di ragazzini, che non intendono studiare ma solo trasformare le università nel loro parco divertimenti, in cui giocare ai ribelli.
L'Università La Sapienza di Roma ha denunciato oltre 300mila euro di danni a fine maggio ma, come spiegato anche dalla rettrice Antonella Polimeni, «la violenza è proseguita e i danni sono aumentati». Sono state vandalizzate strutture in tutti gli edifici ma anche, ha sottolineato la rettrice, «sulla cappella e gli spazi dedicati ai servizi per le studentesse e gli studenti con disabilità o Dsa». E questi costi come vengono coperti? «A scapito delle altre attività e azioni particolarmente utili e richieste con urgenza da varie componenti della nostra comunità, a partire da quella studentesca», spiega ancora Polimeni. I democratici studenti pro-Palestina incuranti delle conseguenze delle loro azioni, oltre che bloccare la didattica, quindi costringere i colleghi a oltre un mese di lezioni a distanza ed esami saltati, causano anche enormi danni alla struttura didattica. E non è stato solo un problema di Roma, perché ogni ateneo ha subito danni enormi. Se a Milano ancora non è stata fatta una stima dei danni, ma la procura ha aperto un fascicolo per «occupazione abusiva», a Padova i danni ammontano a circa 100mila euro, per i quali il rettorato è pronto a intentare una causa e a Torino, dove Palazzo Nuovo è rimasto occupato per un mese e mezzo, si superano le centinaia di migliaia euro. Solo in queste sedi universitarie si supera verosimilmente il milione. «Chiediamo di sapere anche da quale voce di spesa verranno presi i fondi per sistemare tutto», dicono ora i professori dell'Università di Torino, che non ci stanno e pretendono che siano gli occupanti a ripagare. Nelle scorse ore sarebbero voluti entrare a vedere con i loro occhi i danni, ma l'ingresso è stato interdetto. Tra scritte ricolme d'odio, proclami politici e vernice a imbrattare anche il rettorato, i dirigenti hanno preferito cancellare ogni traccia prima che qualcosa potesse arrivare all'esterno.
«Siamo tutti colpevoli di inerzia. Abbiamo fatto troppo poco per dare una contro-narrazione rispetto alla scaltra propaganda degli occupanti. Avremmo dovuto muoverci per tempo», è la riflessione di Luigi Silvano, docente di Filologia, affidata a una petizione aperta online. «Dobbiamo denunciare senza indugi ogni sfregio del bene pubblico e tutelare il benessere dei lavoratori», ha aggiunto il professore, che già guarda al rientro dalle vacanze e paventa la possibilità di una nuova occupazione. «Questa volta non abbiamo voluto danneggiare gli studenti, ma in futuro non possiamo più accettare simili prevaricazioni. Non possiamo essere sempre noi le vittime», ha proseguito. Il suo appello ha ricevuto l'appoggio di oltre 30 docenti. La conta dei danni negli atenei italiani può essere solo stimata ma si supera di gran lunga il mezzo milione di euro e non stupirebbe se, con la chiusura di tutte le occupazioni e una conta attenta, si arrivasse al milione. Da Torino a Napoli, passando per Bologna, Milano, Padova, Roma, Perugia e Bari, il mese di maggio è stato segnato da occupazioniche hanno impedito il normale svolgimento della didattica.
Intere strutture sono state vietate a docenti e studenti non appartenenti alle «acampade. E questo richiede una riflessione: oltre al danno economico, a quanto ammonta quello culturale? Questo, purtroppo, è impossibile da stimare, ma ci presenterà il conto negli anni a venire.
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