Attesa (con sorpresa). La carta di Netanyahu è spaventare i nemici. "Attacco preventivo"

Gallant vede gli alti gradi dell'aviazione Il fronte più caldo resta quello col Libano

Attesa (con sorpresa). La carta di Netanyahu è spaventare i nemici. "Attacco preventivo"
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Mentre il ministro della Difesa Gallant incontra nella base sotterranea a Tel Aviv gli alti gradi dell'aviazione, ancora gli ordini del comando centrale non sono cambiati. I bambini vanno ai campi estivi, si va a fare la spesa e in ufficio, il traffico è solo un po' diminuito, i rifugi sono aperti e riforniti con provviste d'acqua e cracker. Ma le parole di Gallant, come quelle di Netanyahu, non sono tenere né angosciate: non descrivono l'inferno prossimo venturo, ripetono semmai che quando l'Iran e i suoi attaccheranno, per Israele non sarà un problema «passare dalla difesa all'attacco se necessario». Così ha detto Gallant. Da mercoledì, giorno dell'eliminazione di Haniyeh, sia gli ayatollah sia i loro aiutanti Hezbollah, gli iracheni, gli Houthi, Hamas e altri promettono la distruzione assoluta di Israele in forme inconsuete. «Una grande sorpresa, qualcosa di mai visto prima» ha detto Nasrallah. Israele guarda l'orizzonte al Sud, e vede quindici lanci nella zona dei kibbutz; a Nord gli Hezbollah seguitano nell'attacco che ha costretto la popolazione a sgomberare.

Dall'Autonomia Palestinese un terrorista ha ucciso a coltellate due anziani cittadini, una donna e un uomo, che facevano jogging. Si indaga la possibilità di un'Intifada che dovrebbe funzionare da quinta colonna dell'attacco. Israele aspetta. Ma si comincia a disegnare l'idea che i due fronti non hanno da una parte i mitra e i missili puntati in attesa di un segnale, mentre dall'altra le anatre nello stagno attendono i cacciatori. Al contrario, lo stagno, Israele, potrebbe sollevarsi in un attimo in una minacciosa tempesta. I suoi aerei possono volare migliaia di chilometri; il suo sistema difensivo può parare la pioggia di più di trecento missili anche balistici dall'Iran; i suoi proiettili possono distruggere le casematte e le fortezze e anche le gallerie più nascoste. I suoi servizi segreti, sono ovunque.

E adesso si è mosso in forze un formidabile alleato, gli Stati Uniti, capace di spostare in loco 11 navi da guerra e qualsiasi tipo di aerei, missili, munizioni, e forse anche soldati «boots on the ground». Kurila, il capo di stato maggiore che comanda ogni movimento del Pentagno, ha anticipato il suo arrivo da mercoledì a ieri; quali che siano stati gli scontri telefonici fra Bibi e Biden, pure alla fine il fronte è solido: fa ombra sulla richiesta del presidente la foto di quella gigantesca galleria che da Rafah, sul confine, lo Tzir Filadelfi, porta larga come un'autostrada chissà quanti armi, uomini, forse ostaggi, dentro e fuori l'Egitto. Come può Israele rinunciare a quel passaggio? Significherebbe la ricostruzione di Hamas. Biden vuole che Netanyahu gli dica di sì sull'accordo, ed è comprensibile, e Bibi non può lasciare quel confine e quelle gallerie. E gli Usa sanno che allontanarsi da Israele in questo momento creerebbe un vuoto in cui un'alleanza malefica sentirebbe che è giunto il suo momento di portare la guerra ovunque. Ma si può pensare che l'Iran non a caso abbia convocato ieri una conferenza stampa stranamente pacifista, in cui spiegava che deve per forza vendicarsi, ma che la vendetta non è propedeutica a un'esplosione generale, ma solo a una migliore educazione della feroce «entità sionista».

Il fronte più caldo è quello più vicino e più armato, il Libano, con cui occorre stabilire un fronte che impedisca la continua aggressione. Gli Hezbollah sono l'avamposto del disegno generale dell'Iran di dominio dell'area per una rivoluzione islamica mondiale. In Libano l'Iran ha speso molti soldi, molto impegno. Adesso, Khamenei e le Guardie della Rivoluzione certo immaginano che Israele è abbastanza preparato da poter distruggere questo grande sforzo strategico. In questi mesi l'esercito si è preparato, rifornito, rafforzato come dimostrano le recenti imprese nella parte dei servizi segreti.

L'Iran ha accusato il colpo, Sergey Shoigu ieri è arrivato dalla Russia a Teheran, forse non solo per aiutare ma anche per valutare la situazione: Putin non vuole uno scontro frontale. Intanto al confine fra Iran e Afghanistan bruciano strutture petrolifere. Certo il petrolio è l'unica risorsa vera dell'economia iraniana.

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