Avanti con cautela. Meglio la scienza di un'impressione

Diceva Giulio Andreotti che le sentenze non si discutono ma si appellano

Avanti con cautela. Meglio la scienza di un'impressione
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Diceva Giulio Andreotti che le sentenze non si discutono ma si appellano. La Cassazione, però, fa caso a sè, visto che contro il muro della Corte i giudizi si infrangono in modo perentorio e definitivo. Non resta dunque che la discussione, e la sentenza sulle prove dell'ubriachezza al volante illustrata nell'articolo a fianco sembra fatta apposta per alimentare postille e polemiche. Il tema è di quelli da far tremare i polsi perché coinvolge una serie di diritti fondamentali e confliggenti, tra i quali è d'obbligo trovare un contemperamento (la sicurezza personale, la libertà, la privatezza messa in discussione da accertamenti personali all'apparenza intrusivi su comportamenti e stato di salute). La risposta della legislazione italiana è, appunto, italiana: alla ricerca di una giustizia sempre più giusta si cerca la soluzione con l'elaborazione di una fitta casistica in cui sono presi in esame quattro limiti diversi del tasso alcolemico e differenti categorie di conducenti: ordinari, minori di 21 anni, neopatentati, autisti professionali. Per ognuna di queste categorie, in relazione ai diversi tassi alcolemici superati, si stabiliscono sanzioni amministrative e, nel caso, penali. Una specie di rebus in cui qualche buon avvocato può districarsi in scioltezza. Altri Paesi preferiscono tagliar corto senza troppe distinzioni e differenze. L'esempio più tipico è quello di gran parte degli Stati Uniti (con l'eccezione di qualche Stato che preferisce andare per conto suo). Nella selva di norme tricolori la necessità di appoggiarsi a un test alcolemico apportava un dato di oggettività che dava almeno l'illusione di sfuggire al caso e all'arbitrio. Ora la sentenza della Cassazione sembra demolire anche questa sicurezza. Sembra, perchè a ben guardare il principio stabilito dai giudici della Corte di legittimità pare del tutto ragionevole: i test non servono a condizione che vi siano «adeguati elementi obiettivi e sintomatici» per stabilire l'ubriachezza, che nel caso in esame coincidevano con lo stato alterato e comatoso del condannato. Fin qui non si discute: se ci sono sufficienti elementi «obiettivi» per raggiungere una conclusione sarebbe stupido non utilizzarli.

A condizione di non esagerare: in mancanza di questi elementi oggettivi e indubitabili sembra sempre meglio fidarsi di un buon alcol-test. Non sarà lo strumento più simpatico ma è sempre meglio di qualche fuggevole impressione.

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