"Avete 30 giorni di tempo". Ultimatum per svelare i misteri sulla zona rossa

Pressing sul ministero dell'Interno: deve spiegare perché non vuole rendere pubblici gli atti del ritiro delle truppe inviate in Val Seriana per la zona rossa

"Avete 30 giorni di tempo". Ultimatum per svelare i misteri sulla zona rossa

Colpo di scena. Forse inatteso, di sicuro un passo in avanti verso la "trasparenza" tanto decantata dal trio Conte-Speranza-Lamorgese (e poco praticata). Il Consiglio di Stato ha dato trenta giorni di tempo al ministero dell’Interno per spiegare come mai i militari inviati in Val Seriana a marzo del 2020 non furono utilizzati per chiudere in zona rossa Nembro e Alzano Lombardo. Uno dei misteri più intriganti della prima fase dell’epidemia, i cui dettagli sono stati rivelati nel Libro nero del coronavirus e che tra qualche tempo, chissà, si coloreranno di nuovi interessanti dettagli.

I fatti risalgono al governo Conte 2, con la Lamorgese già saldamente alla guida del Viminale. Tutto inizia il 5 marzo del 2020, quando circa 400 uomini tra carabinieri, polizia, guardia di finanza ed esercito vengono spediti in Val Seriana. Sono i giorni della grande paura. Vo’ Euganeo e Codogno sono già in quarantena forzata, i casi salgono a dismisura in tutta la Lombardia. La Regione e i tecnici del Pirellone ritengono che anche Nembro e Alzano meritino misure sanitarie più stringenti. A Roma però si tentenna. L’Iss fa le sue relazioni, il Cts le valuta. Il ministero dell’Interno e quello della difesa inviano le forze sul campo. Tutto fa presagire l’imminente chiusura della Val Seriana: Speranza compila il decreto, che però Conte non firmerà mai. Qualcosa si inceppa e le forze dell’ordine restano per ore in hotel in attesa di disposizioni che non arriveranno mai. Dopo tre giorni, l’8 marzo, arriva l’ordine di ritiro.

Quello che giornalisti e cittadini si domandano è: perché fermare tutto? La procura di Bergamo, che sta indagando sul focolaio orobico, si chiede se quella scelta peggiorò una situazione già di per sé drammatica. E i familiari delle vittime sono certi che se il governo avesse reagito prontamente la provincia avrebbe pianto molte meno vittime di quante realmente avvenute. La risposta ai quesiti, però, può trovarsi solo negli atti che il governo e i ministeri firmarono in quelle ore. E che dovrebbero spiegare il perché dell’improvviso ritiro delle truppe dalla Val Seriana.

Come noto, il presunto "governo delle Trasparenza", capitanato da Speranza, quei documenti non li ha mai resi noti. Anzi. Quando l'agenzia di stampa Agi ha tentato la via dell’accesso agli atti per ottenerne una copia, si è vista rispondere “picche”. Per il Viminale l’istanza provocherebbe un pregiudizio agli “interessi strategici connessi all’ordine pubblico, alla sicurezza nazionale e alla difesa” con tanto di “disvelamento di informazioni concernenti le attività “relative sia all’area tecnico industriale, sia all’area tecnico operativa, connessa con la pianificazione, l’impiego e l’addestramento delle Forze armate” . Le chiamano: “cause di esclusione” dall’obbligo di trasparenza. L'agenzia Agi ovviamente non s’è accontentata e ha fatto ricorso: in fondo le sentenze del Tar contro Speranza (su verbali della task force e piano segreto) stanno lì a dimostrare che tentar non nuoce. E infatti i giudici amministrativi danno ragione all’agenzia, ordinando al Viminale di ostentare i documenti: nessun segreto militare né il contrasto al crimine giustificano la segretezza. Il ministero, ovviamente, ha a sua volta fatto ricorso, ottenendo dal Consiglio di Stato la “sospensiva” della decisione del tar, facendo calare un momentaneo velo opaco su quanto successo in Val Seriana. La decisione dei giudici sembrava il preludio per una sconfitta dell'agenzia Agi, ma oggi la novità.

Il Consiglio di Stato ha infatti emesso un’ordinanza dai risvolti imprevedibili.

I giudici ritengono sia necessario approfondire la questione per capire quali siano le ragioni che giustificano "l’esigenza di secretazione" dei verbali, cosa li leghi alle strategie di contrasto al crimine e alla tutela della sicurezza pubblica, e per quale motivo vi sia "un’esigenza di riservatezza pur a fronte del considerevole lasso temporale sin qui trascorso dall’epoca della cosiddetta zona rossa" a Nembro e Alzano Lombardo. Per questo, entro trenta giorni il ministero dell’Interno dovrà chiarire i fatti. Non è ancora una vittoria. Nè la certezza che potremo leggere i verbali. Ma un piccolo passo avanti, quello sì.

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