Per puntare al Rinascimento della scuola non basta sfoggiare una mascherina con effigiata la Nascita di Venere di Botticelli, né altri soggetti iconici dell'arte prê-à-porter, tipo la Notte Stellata di Van Gogh. La deriva estetica-museale della ministra della Pubblica istruzione, Lucia Azzolina, è forse una risposta di tipo culturale all'imitazione «mostruosa» (ma divertentissima) che ne fa Crozza? Peccato che per affrancarsi dall'irresistibile parodia del Maurizio nazionale ci voglia ben altro. Come ben dimostrato dalla figuraccia che due giorni fa la ministra ha rimediato in tv, ospite della trasmissione Otto e mezzo su La7. Nonostante la padrona di casa l'abbia difesa a spada tratta («Negli ultimi mesi è stata attaccata con una violenza senza precedenti», l'inappellabile sentenza di Lilli Gruber Gruber), la Azzolina proprio non ce l'ha fatta a dimostrare la propria competenza. Almeno in tema di test anti-Covid. Argomento che la ministra pentastellata dovrebbe - se non padroneggiare - quantomeno masticare negli aspetti basilari, considerate le cautele che studenti e professori sono costretti ad adottare in classe. E invece, disquisendo (anche con un tono piuttosto saccente) di «test sierologici e test rapidi», la Azzolina - dopo ben nove mesi di pandemia - dimostra ancora di non avere minimamente compresa la differenza. Già, perché il test sierologico, come è stata costretta a spiegarle in diretta l'immunologa Antonella Viola, «serve per verificare la presenza di anticorpi al coronavirus nel sangue», mentre i test rapidi «servono ad avere un'immediata e prima conferma alla positività e all'infezione in atto». Durante il confronto in studio, la ministra ha evidenziato non poche lacune soprattutto lì dove ha spiegato che ora servono «i test rapidi negli istituti perché, con l'intensificarsi del freddo e dei malanni di stagione non possiamo mandare in quarantena i nostri studenti solo per un raffreddore». La Azzolina ha citato l'esempio dell'Emilia Romagna che, a suo dire, avrebbe «messo a disposizione i test nelle farmacie affinché gli studenti e il personale scolastico possano andare a farli». La professoressa Viola l'ha però smentita: «Non è così. L'Emilia Romagna ha messo a disposizione i test sierologici che però non servono a fare quello che sta dicendo lei. Sono i test antigenici rapidi che devono essere giustamente portati nelle scuole per fare monitoraggio, ma il test sierologico non ci aiuta in questo senso». L'immunologa ha quindi indicato la strada da percorrere «che non è quella dei sierologici, che hanno l'unico scopo di individuare gli anticorpi nel sangue ma non hanno alcuna efficacia nel tracciamento e nell'identificazione di eventuali soggetti positivi». Presa in contropiede la Azzolina - invece di ammettere la svista - ha cercato di arrampicarsi sugli specchi, ma ha finito con l'incartarsi ulteriormente.
Non è finita qui. Durissime critiche alla ministra arrivano anche sul fronte del concorsone che da oggi fino a novembre vedrà impegnati in tutta Italia (spostando follemente i candidati da una regione all'altra, con tutti i rischi sanitari del caso) 60mila insegnanti precari per l'immissione in ruolo.
Una prova d'esame sponsorizzata, per ragioni di bassa bottega elettorale, solo dal M5s; contrari i sindacati, che spingono invece per una sospensione o un rinvio. Ma ad avere la meglio, come sempre, sarà la realpolitik.
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