
Le opposizioni si presentano in ordine sparso a Palazzo Madama per le comunicazioni del premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio Ue del 20 e 21 marzo. Cinque partiti (Avs, M5s, Pd, Azione e IV) con cinque posizioni, tutte respinte, in conflitto tra di loro. È il «dossier Ucraina» a tagliare a fette il fronte di sinistra. Calenda vorrebbe l'Ucraina nella Nato, «mister Tesla» Fratoianni vorrebbe che ne uscisse anche l'Italia. Schlein tifa per l'esercito europeo mentre Conte vorrebbe abolire anche quello italiano. Il dibattito in Senato segna la Caporetto per la sinistra. Non c'è un punto comune. E gli interventi in Aula diventano una fiera delle contraddizioni. L'unica cerniera è l'odio contro Trump. Il parto più travagliato si consuma nel Pd. Da lunedì alle 15 e 30, Schlein è in riunione permanente con i gruppi parlamentari per trovare una sintesi sulla risoluzione. Evitando così il secondo round della figuraccia andata in scena a Bruxelles, quando il gruppo dem si è spaccato in due al momento del voto sul Rearm Europe. L'accordo arriva in extremis, prima dell'inizio delle comunicazioni. E soprattutto dopo l'ennesimo confronto tra la segretaria e la minoranza. La montagna dem partorisce il testo: sì al piano di von der Leyen (con cui governano in Europa) ma va profondamente modificato. Nelle sei pagine della risoluzione si legge «il piano ReArmEu, proposto dalla Presidente della Commissione europea von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all'esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune». Dall'altra, c'è un giudizio positivo sul Libro bianco della difesa europea. Nelle premesse si argomenta: «All'Unione europea serve la difesa comune e non la corsa al riarmo dei singoli Stati». Si arriva poi al punto 8 della risoluzione in cui il Pd chiede al governo di «promuovere un esercito comune europeo». «Siamo gli unici che in tutta questa vicenda entriamo nel merito delle questioni, a dire sì alla difesa comune e a come dobbiamo costruire quella difesa comune, a dire no a ciò che va, con strumento europeo, a sostegno invece del riarmo dei singoli 27 Paesi. E quali sono le critiche puntuali e come chiediamo di cambiare le proposte che non vanno nella direzione di creare le basi di una vera difesa comune» spiega Schlein nel corso dell'assemblea con i parlamentari. Meno travagliata è la discussione nel M5s. I 5S nella risoluzione fissano tre punti: lo stop al riarmo dell'Europa, invio delle truppe di pace solo sotto regia dell'Onu ma soprattutto no all'attivazione dell'articolo 5 Nato in caso di nuova aggressione all'Ucraina. Vanno invece nella direzione opposta le risoluzioni di Calenda e Renzi. Nel testo messo a punto dal partito di Calenda c'è il ribaltamento delle tesi di Pd, Avs e M5s. E dunque: pieno sostegno al piano di riarmo dell'Europa, cordone di sicurezza di Nato e Ue per l'Ucraina e difesa europea. Il partito di Fratoianni e Bonelli nella risoluzione chiede di sospendere subito ogni sostegno militare all'Ucraina, lasciando dunque alla Russia la possibilità di dilagare. E poi altro punto discutibile risulta la richiesta di rivedere le regole del trattato Nato.
Poi la bocciatura per difesa comune e riarmo. Insomma, la spaccatura è palese: Calenda vuole la resistenza a oltranza dell'Ucraina, Fratoianni la resa. Il testo Iv ricalca quello di Azione: pieno sostegno all'Ucraina e al piano di riarmo.
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