Balcani, Italia al centro tra migranti e business

Il ministro degli Esteri Tajani riunisce i leader. "Ora integrazione nell'Ue"

Balcani, Italia al centro tra migranti e business

L'Italia torna protagonista nei Balcani occidentali, dove siamo considerati più che benvenuti, ma spesso abbiamo abdicato al ruolo che ci spetta per motivi storici, geopolitici ed economici. La posta in gioco è l'integrazione nell'Unione europea, il disinnesco delle mine in Kosovo e Bosnia, l'argine comune sulla rotta balcanica dei migranti e importanti sviluppi economici.

A Roma il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha riunito ieri le sue controparti di Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia. E il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha visto a Vinitaly il presidente serbo, Aleksandar Vucic, si è collegata in video con il vertice balcanico nella capitale. I paesi dell'ex Jugoslavia più la terra delle Aquile «hanno da sempre un'importanza strategica per la nostra nazione e l'obiettivo di questo Governo è portare più Italia in questa regione dal punto di vista politico, economico e culturale». Tajani ha sottolineato l'appoggio italiano per l'integrazione nell'Unione europea. Non a caso a Roma era presente anche il commissario all'allargamento, Oliver Varhelyi. Gli obiettivi dell'Italia sono molteplici: prima di tutto puntiamo a disinnescare i focolai che covano, neanche sotto le ceneri, in Kosovo e Bosnia Erzegovina. Minoranza serba e governo kosovaro sono sempre ai ferri corti e continuerà così fino a quando non ci sarà un accordo caldeggiato dall'Italia. In Bosnia, il leader dei serbi, Miloard Dodik, continua a mostrare pericolose pulsioni secessioniste. L'Italia, come ha ricordato Meloni, «è il primo contributore europeo alla sicurezza della regione con le missioni Kfor ed Eufor Althea (in Bosnia, nda) e intende proseguire in questa direzione con la massima determinazione». In Kosovo con quasi mille uomini abbiamo il comando al generale Michele Ristuccia. I russi soffiano sul fuoco come sa bene la nostra intelligence che ha una rete storica nella regione. L'Italia ha tutto l'interesse ad allentare l'abbraccio ai serbi di Mosca e pure quello di Pechino che vende armi a Belgrado. Il grimaldello è economico: siamo il terzo partner commerciale con i serbi dopo Germania e Cina. E il volume di scambi aumenteranno il prossimo anno quando partirà la produzione dell'auto elettrica di Stellantis a Kragujevac. I «business forum», rilanciati ieri a Roma, sono la formula per rafforzare i legami economici con tutti i paesi dell'ex Jugoslavia.

Per l'emergenza migranti non bastano le fototrappole sul Carso a fermare gli ingressi illegali dalla rotta balcanica. L'asse con i paesi di passaggio è cruciale per tamponare l'ondata che lo scorso anno ha portato più gente in Europa (145.600) degli sbarchi nel nostro paese. Tajani evidenzia che nei Balcani occidentali «tutti i paesi sono fortemente impegnati anche nel rinviare i clandestini nei Paesi di origine».

Non solo: bisogna accentuare la collaborazione per la lotta senza quartiere contro i trafficanti di esseri umani ben radicati nell'ex Jugoslavia. E l'Italia preme per non liberalizzare troppo i visti dai paesi extra Ue della regione.

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