Balneari, un pasticcio d'Alta Corte rimette in discussione gli indennizzi

Strasburgo stabilisce che al termine delle concessioni le spiagge vadano restituite allo Stato con le opere realizzate a spese dei gestori

Balneari, un pasticcio d'Alta Corte rimette in discussione gli indennizzi
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I burocrati alla Frans Timmermans e Margrethe Vestager colpiscono ancora. La Corte di Giustizia Ue del Lussemburgo ha respinto un ricorso della Società Italiana Imprese Balneari che nello stabilimento in concessione a Rosignano, in provincia di Livorno, aveva costruito dei manufatti per accrescere il benessere dei bagnanti. Ebbene, alla scadenza della concessione, il tribunale comunitario ha sancito che «la norma italiana che prevede che le opere non amovibili costruite sulle spiagge vengano acquisite a titolo gratuito dallo Stato italiano al termine di una concessione, non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento».

Insomma, non c'è nessun diritto a un indennizzo da parte dei concessionari della proprietà demaniale che, al termine del periodo concessorio, devono restituire allo Stato il bene loro affidato. Un'alchimia giuridica degna dei «liberal» alla gauche caviar che a Bruxelles fanno il bello e il cattivo tempo. Tale decisione ha sconcertato le associazioni di categoria che da anni lottano contro la direttiva Bolkestein che impone la messa a gara delle concessioni nonostante in Italia le spiagge non siano certamente un bene scarso e, dunque, non vi sia nessuna urgenza di aprire al mercato alla concorrenza visto che chiunque sia interessato a operare nel settore potrebbe richiedere la concessione di una spiaggia libera e attrezzarla all'uopo. Ma tant'è, così vanno le cose lassù.

«La sentenza non ha affrontato il problema della proprietà aziendale, cioè dell'indennizzo dovuto per la perdita dell'azienda in favore di un altro concessionario, cioè la devoluzione di un bene immobile al Demanio», spiega al Giornale Antonio Capacchione, presiendete di Sib (Sindacato Italiano Balneari), associazione aderente a Confcommercio, rimarcando che «tale lettura è fuorviante poiché si ammette una confisca senza indennizzo, procedura estranea sia alla nostra Costituzione che all'ordinamento europeo». Anche Assobalneari Italia (Federturismo - Confindustria) parla di una «sentenza che distrugge l'eccellenza turistica italiana». Per la categoria, la prospettiva di perdere gli investimenti fatti «senza alcuna compensazione mette in discussione la capacità e la volontà di investire a fronte della minaccia di non vedere riconosciuti tali investimenti».

Lo sgomento degli operatori del settore rappresenta un'ulteriore sollecitazione al governo a prendere posizione contro una Commissione europea che autorizza gli espropri contro il naturale diritto alla proprietà privata (ovviamente, in misura relativa alle migliorie che vengono apportate per la fruizione dei lidi). D'altronde, anche in precedenza (ai tempi del governo Draghi) era stata stabilita una sorta di compensazione per mettere a tacere le prefiche del «ce lo chiede l'Europa», tuttavia alle petizioni di principio non sono mai seguiti i fatti. Anche perché la condizione di sudditanza psicologica (che non riguarda solo gli arbitri che in Italia hanno a che fare con Inter e Juventus, ma anche i politici italiani che si interfacciano con la Commissione Ue) ha impedito di dar seguito a queste intenzioni.

In realtà, la politica (non solo la maggioranza, ma anche l'opposizione che sostiene i balneari con uguale entusiasmo) ha traccheggiato per far sì che la scadenza delle concessioni potesse essere rinviata a fine anno, dopo una mappatura dei litorali. Ecco perché Capacchione chiede «un intervento normativo che ponga fine alla diatriba».

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