Banche, l'autogol di Renzi Berlusconi: vogliono tutto

Napolitano, Veltroni e Calenda contro il leader Pd. Il Cavaliere: tipico della sinistra occupare le poltrone

Banche, l'autogol di Renzi Berlusconi: vogliono tutto

Una vera e propria intimidazione nei confronti del governatore di Bankitalia, rispetto a quello che sa e che avrebbe potuto dire (o dirà) riguardo i casi bancari che vedono il pesante coinvolgimento del Pd. In particolare del Pd toscano. Ma anche l'azzardo motivato dalla solita maledetta voglia di Matteo Renzi di piegare il mondo al proprio potere, la realtà al proprio tornaconto. Oggi, accerchiato e solitario com'è, più che mai.

Dunque il leader pidino calpesta come un bulldozer il premier Gentiloni e il presidente Mattarella, cerca di trovare il capro espiatorio o almeno di «indirizzare» la questione Etruria, quella Mps e le altre, con la facile giocata del «jolly» populista che vede nella vigilanza di Bankitalia uno dei responsabili (anzi il maggiore) dei dissesti e delle malversazioni a danno dei risparmiatori. Connessa e intrecciata a questa strategia renziana che ieri lo testimoniava nel bunker, sconfessato e solo contro tutti, la constatazione (persino poco meravigliata) del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Che senza fare il nome di Visco ed entrare nella parte più spinosa dell'incredibile invasione di campo, rilevava come «sia tipico della sinistra occupare tutti i posti di potere dopo le elezioni. Ora hanno fatto un passo in avanti e le vogliono occupare anche prima...».

Ma ciò che ha stupito invece i Palazzi del potere, a cominciare da quelli occupati dal premier Gentiloni e dal presidente Mattarella, è anche la totale e ingiustificata mancanza di «forma», nella dichiarazione di guerra renziana. Un attacco scomposto e «scriteriato», diceva il senatore pd Mucchetti, come solo un suicidio può essere. E non a caso nella triangolazione tra palazzo Koch-Quirinale-Palazzo Chigi è risuonata più volte la parola «eversivo». La noncuranza con la quale poi Renzi è sembrato in un primo tempo lavarsene le mani, fingendo di non rivendicare la mozione, e mandando poi ieri avanti il solito Orfini a dire che «Visco non è infallibile come il Papa». O il capogruppo Rosato a dar manforte alla tesi che sta spaccando il Nazareno: «Noi non vogliamo la testa di nessuno... ma non potevamo far finta che andasse tutto bene». Parole che in serata era lo stesso Renzi a far proprie, rendendole anzi ancora più grevi. «Il problema non è il nome del nuovo governatore... Se qualcuno vuol raccontare che in questi anni nel settore banche non è successo niente, non siamo noi, perché è successo di tutto. È mancata una vigilanza efficace... ed è toccato a noi intervenire per rimediare ai disastri causati da altri. Chi ha sbagliato paghi, se ci sono delle cose da cambiare si cambino».

Granate lanciate ad alzo zero che squassano il partito: l'area Orlando reclama un'assemblea urgente, l'ex presidente Napolitano parla di «cosa deplorevole», per Veltroni è «ingiustificabile», il ministro Calenda non commenta «per Carità di patria».

Granate che, con l'approssimarsi della scadenza del mandato di Visco (cui dovrebbe seguire l'audizione presso la commissione bancaria), rischiano di devastare non solo autonomia di Bankitalia, bensì l'autorevolezza del sistema Italia agli occhi di Bruxelles. Un «muoia Matteo con tutti i filistei» che i filistei, per la verità, non hanno per nulla voglia di assecondare.

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