Bando del governo contro il caro affitti, ma Milano è in ritardo

Il ministero dell'Università lancia una gara per 60mila posti letto ma il Comune non partecipa. Sul piatto in totale ci sono 1,2 miliardi

Bando del governo contro il caro affitti, ma Milano è in ritardo
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Con la fine dell'estate torna al centro dell'attenzione la scuola e, naturalmente, anche l'università. Questo spiega perché stia riemergendo il tema del caro-affitti nelle città sede di ateneo, anche in virtù del fatto che l'anno scorso alcuni gruppetti di studenti montarono qualche tenda fuori dalle università, chiedendo locazioni a buon mercato.

Non a caso il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha di recente convocato a Palazzo Marino tutti i rettori delle università milanesi. L'iniziativa punta a riaccendere i riflettori sulla questione, denunciando una situazione che viene presentata come insostenibile. È però lecito dubitare che la giunta si stia davvero facendo qualcosa di concreto per aiutare quei giovani che hanno bisogno di un posto per dormire in città. Basti pensare che già a febbraio il ministero dell'Università aveva predisposto un bando che prevede misure di semplificazione per la realizzazione di posti letto e mette pure a disposizione di città e atenei fondi considerevoli (l'impegno totale è di 1,2 miliardi di euro). Le risorse provengono dal Pnrr e puntano a realizzare 60 mila nuovi posti letto, ma l'amministrazione di Milano che pure cavalca la rivolta degli studenti in tenda non figura tra i partecipanti al bando.

Ovviamente si può discutere sulla ragionevolezza, o meno, delle politiche decise dal governo. È chiaro, infatti, che in larga misura siamo di fronte a un problema che non è un problema, perché se è vero che vivere a Milano ha costi altissimi, non si può dire lo stesso per quei centri che si trovano a trenta minuti di distanza e da cui, ogni giorno, partono studenti che frequentano le aule milanesi.

Per giunta, gli studentati sono importanti, ma è da dimostrare che debbano offrire posti «scontati» (il cui onere è sostenuto dal contribuente), tanto più che le risorse destinate alle università configurano una redistribuzione che in termini tecnici è detta «perversa»: tutti (anche i più poveri, che spesso non mandano i figli all'università) finanziano benefici che riguardano soprattutto le classi medie e alte. Creare spazi di mercato per investitori privati, allora, sarebbe la soluzione migliore.

Le obiezioni all'utilizzo delle risorse del Pnrr non hanno comunque nulla a che fare con le scelte della giunta di sinistra che amministra Milano. Perché delle due l'una: o si ritiene che lo studente che arriva dal Sud e vuole studiare nel capoluogo lombardo nonostante il caro-affitti faccia come lo studente di Novara oppure di Treviglio, che si sposta ogni giorno in treno (ma non è questa la posizione di Sala e dei giovani delle tende); oppure si deve usare qualsiasi strumento a disposizione per realizzare camere in grado di accogliere gli studenti fuori sede.

Il comportamento del sindaco Sala, che denuncia una situazione gravissima e poi non attinge ai fondi messi a sua disposizione, fa sorgere sospetti più che legittimi. Se nell'interesse degli studenti in cerca di un letto il sindaco partecipasse al bando finirebbe per mettere in buona luce il governo, e quindi il proprio nemico politico. È ovvio che un amministratore non dovrebbe guardare queste cose, ma purtroppo la politica specie quella di basso livello ha le sue logiche.

In più, è una facile profezia quella di chi prevede che la protesta animata dai minuscoli gruppetti politicizzati che gravitano attorno alle sedi universitarie possa ripartire da un momento all'altro. Le forze d'opposizione sanno che quelle agitazioni fanno il loro gioco e che quindi è bene non risolvere il problema. In qualche modo, hanno bisogno di giovani che protestano, e non di studentati che li accolgano.

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