Monsignor Luigi Negri, arcivescovo emerito della diocesi di Ferrara-Comacchio, è teologo e autore di vari libri sulla famiglia e il matrimonio.
Ha seguito le polemiche nel governo a proposito del Congresso mondiale delle famiglie?
«Vedo che attorno a quell'appuntamento si stanno scatenando opposte fazioni. Ma non vorrei entrare nella diatriba politica».
Il ministro Matteo Salvini ha garantito che parteciperà.
«Bene».
Il ministro Luigi Di Maio ha invece detto che a Verona si riunirà «una destra di sfigati».
«Questo dice l'insopportabilità che si parli della famiglia che viene definita tradizionale e invece è semplicemente la famiglia. Respingo l'utilizzo di termini ingiuriosi nei confronti di quanti hanno il sacrosanto diritto di proporre un'immagine di famiglia che essi ritengono adeguata a sé e alla quale non si è trovata nessuna alternativa, se non la confusione delle lingue e la disintegrazione della società».
È stato detto che questo è medievalismo.
«Ho sentito che qualche rappresentante governativo ha osato dirlo. Comunque, ben venga il medioevo, se questo lo è. In Italia dev'esserci libertà per chi sostiene una visione che viene definita medievale, ma per coloro che la condividono e la professano sembra rispondere pienamente alle loro esigenze di intelligenza e creatività».
Un Gay pride ottiene un patrocinio più facilmente rispetto a un convegno sulla famiglia. Come se lo spiega?
«È un fenomeno strano quello per cui si usano pesi e misure diverse».
Perché secondo lei la famiglia va difesa?
«È una questione fondamentale non soltanto nella vita della Chiesa, che difende la famiglia come immagine autentica del rapporto tra uomo e donna nei suoi fondamenti e nel suo destino. Ma è un elemento essenziale per la vita della società. È sotto gli occhi di tutti che l'indebolirsi della famiglia nel suo essere continuamente sottoposta ai più diversi attacchi si riflette sulla vita della società».
Lei ne fa una questione sociale, non di dottrina ecclesiale. Come mai?
«Perché senza una tutela e una promozione adeguata della famiglia è come se la società non avesse il suo fondamento storico, e dall'altro la sua capacità di movimento, di vita, di passione, di capacità creativa. Penalizzare la famiglia nei vari modi a cui abbiamo assistito in questi decenni vuol dire infliggere un colpo esiziale alla possibilità che la società ritrovi continuamente il suo elemento fondante e trainante. Se si relativizza, o peggio ancora se si sopprime la famiglia, la società diventa un pulviscolo di gruppi, singoli, formazioni più o meno legittimate in perenne tensione l'una contro l'altra».
La famiglia come collante sociale: intende questo?
«L'immagine del filosofo Hobbes homo homini lupus mi sembra diventare tragicamente attuale nelle contorsioni di questa società in cui non sembra esserci più nessun punto di riferimento adeguato. Ecco perché credo che la questione della famiglia debba essere affrontata in modo responsabile da tutti coloro che hanno una proposta di vita in grado di mobilitare soprattutto i giovani. Proposte totalizzanti, mobilitanti, esaltanti la personalità umana.
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