Bergoglio, l'appello dopo il caso Iran

Il monito all'Angelus: "Basta colpire i civili". Ma è gelo con la Comunità ebraica

Bergoglio, l'appello dopo il caso Iran
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L'appello di Papa Francesco per la pace, come succede ormai tutte le settimane, è arrivato all'Angelus della domenica: «La Comunità internazionale agisca con fermezza perché nei conflitti sia rispettato il diritto umanitario. Basta colpire i civili, basta colpire le scuole, gli ospedali, basta colpire i luoghi di lavoro!».

Le parole del Pontefice, che purtroppo il più delle volte ormai passano quasi inosservate soprattutto tra i grandi del mondo, questa volta sembrano avere un peso diverso perché arrivano all'indomani della nuova polemica innescata dall'Iran contro il governo israeliano. A dire dell'agenzia di stampa della Repubblica Islamica, Irna, infatti, Bergoglio, che nei giorni scorsi ha ricevuto in Vaticano il Rettore dell'Università delle Religioni, Abolhassan Navab, avrebbe sostenuto di essere sulla stessa linea di Teheran e cioè che la Santa Sede «non ha nulla contro il popolo ebraico», ma che «il problema è con Netanyahu che ignora i diritti umani». Una frase molto dura, riferita da ambienti iraniani all'agenzia di stampa, che sarebbe stata pronunciata in un contesto privato. La Santa Sede non ha infatti commentato l'episodio. Anche la presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni, ha preferito il silenzio. A distanza di qualche ora è arrivata però l'ennesima esternazione del governo di Teheran. Sul profilo ufficiale su X dell'Ayatollah Ali Khamenei, guida suprema dell'Iran, è apparso un post in cui si rende edotto il popolo di internet del dono che l'ambasciatore iraniano presso la Santa Sede, Mohammad Hossein Mokhtari, ha portato a Papa Francesco lo scorso 2 gennaio, in occasione dell'udienza concessagli al Palazzo Apostolico. Un appuntamento anche questo considerato «privato», tanto da non esser stato menzionato nel bollettino quotidiano della Sala Stampa della Santa Sede che riporta tutti gli impegni ufficiali del Pontefice.

Nel post di Khamenei si legge che il regalo consiste in «un quadretto persiano che riporta alcune affermazioni della Guida della Rivoluzione islamica, riguardo a Gesù, il Messia». E pubblica la foto del quadro in questione in cui c'è scritto, tra le altre cose, che «se Gesù fosse oggi qui con noi, non perderebbe un attimo per lottare contro i capi mondiali dell'ingiustizia e della prepotenza, e non sopporterebbe mai la fame ed i problemi di quei miliardi di persone che sono vittime dello sfruttamento, della guerra, della corruzione e dell'aggressività delle grandi potenze». Parole sante, se non fosse che a scriverle è lo stesso Khamenei che ha più volte pubblicamente etichettato i governi degli Stati Uniti e d'Israele, come regimi prepotenti e responsabili di guerre e aggressioni. E il riferimento quindi non sembra casuale.

Gesù sembra esser dipinto dal leader supremo quasi come un attivista «antisionista» dei nostri giorni, ma anche come il «messaggero divino che ha attraversato con zelo tutti gli anni della sua esistenza per opporsi all'ingiustizia, alla prepotenza ed alla corruzione di coloro che, con i soldi ed il potere, avevano ridotto in catene i popoli, guidandoli verso l'inferno di questo e dell'altro mondo».

Secondo Pars Today, la radio di Stato dell'Iran, Papa Francesco nel ricevere il regalo «ha ritenuto che questa targa contenga punti importanti che possono essere influenti per i seguaci della religione cristiana», il Pontefice, «ha considerato le affermazioni del Leader della Rivoluzione Islamica riguardo Gesù, importanti ed efficaci».

Anche in questo caso nessuna

conferma ufficiale dal Vaticano su queste osservazioni del Pontefice, ma in tanti, nelle sacre stanze, sono sempre di più convinti che dietro potrebbe esserci una strategia per innescare nuove polemiche tra il Papa e Israele.

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