Berlino finanzia i report anti-Italia

Due ministeri tedeschi dietro le accuse di "Media Freedom" al governo italiano

Berlino finanzia i report anti-Italia
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Il report realizzato dal consorzio «Media Freedom» sulla libertà di stampa che punta il dito contro il governo Meloni è stato promosso da «European Centre for Press & Media», un'organizzazione finanziata dal Ministero della Cultura e dei Media e dal Ministero degli Affari esteri del governo socialista tedesco. La clamorosa notizia emerge analizzando i finanziatori dell'«European Centre for Press & Media» tra cui figurano anche il comune di Lipsia e la regione della Sassonia oltre, ca va sans dire, l'Unione europea. Nel maggio del 2022 veniva annunciato che il consorzio «Media Freedom»: «ha ricevuto dalla Commissione europea un ulteriore finanziamento di 1,95 milioni di euro per 18 mesi».

Lecito chiedersi come un consorzio finanziato dal governo tedesco di segno politico opposto a quello italiano possa essere indipendente e oggettivo nel valutare la situazione del nostro paese. Se a ciò si aggiunge l'orientamento a senso unico dei giornalisti interpellati per la stesura del report di «Media freedom» sulla libertà di informazione in Italia come ha spiegato Il Giornale nei giorni scorsi, il quadro è completo.

D'altro canto aveva già suscitato più di qualche perplessità il documento sullo stato di diritto presentato la scorsa settimana dalla Commissione europea in cui, tra le fonti, erano state inserite organizzazioni non proprio imparziali come Emergency, Amnesty international e l'Associazione Nazionale Magistrati. Eppure in quel caso si trattava di un documento ufficiale redatto dall'Unione europea.

Molto diverso è invece il documento pubblicato lunedì da Media freedom rapid response presentato in Italia come un «report europeo» che indaga lo stato dell'informazione. Tecnicamente si tratta di un documento realizzato in Europa (ovvero all'interno dei confini europei) ma non è un documento ufficiale dell'Ue nonostante in Italia sia stato volutamente presentato in modo ambiguo facendo credere con l'uso del termine «europeo» che si tratti di una fonte ufficiale.

Il Media freedom rapid response è infatti un progetto (finanziato dall'Ue) guidato dal Centro europeo per la libertà di stampa e dei media (ECPMF) che include ARTICLE 19 Europe, la Federazione europea dei giornalisti (EFJ), Free Press Unlimited (FPU), International Press Institute (IPI) e CCI/Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (OBC Transeuropa).

Oltre al già citato Centro europeo per la libertà di stampa e dei media analizzando l'attività delle altre organizzazioni coinvolte nel gruppo «Media freedom», il quadro non migliora. Si va da Article 19 Europe che promuove un report sull'Hate speech in cui, con l'obiettivo di colpire i discorsi d'odio, invoca de facto una limitazione al free speech invocando misure più stringenti da parte degli stati per esempio nei confronti di chi «utilizza il suo account sui social media per diffondere al pubblico una serie di messaggi al vetriolo contro i migranti, ripetendo stereotipi dannosi e bugie sul loro conto». Quale sia il confine tra una legittima opinione critica o un «discorso d'odio» lo decidono gli «esperti» delle Ong europee.

C'è poi Free press unlimited che tra «intersezionalità», «decolonizzazione», «LGBTQIA+» sposa a tutti gli effetti il linguaggio woke. «Media freedom» può scrivere tutti i report che vuole, l'importante è che non ci vengano a raccontare la storiella dell'indipendenza delle loro fonti o dell'oggettività delle critiche all'Italia.

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